Caro Sergio.
Oggi vorrei che anche noi parlassimo di banche, in particolare di MPS. Sia chiaro, ci sarebbe molto da dire anche sulle banche venete, mi riferisco a Veneto Banca e Popolare di Vicenza, che quanto a danni non sono certo state da meno di MPS! Ma mi piacerebbe che, prima di guardare in casa d’altri per criticare e lanciare accuse, se del caso, guardassimo in casa nostra, per fare chiarezza e, laddove sia necessario, anche pulizia! Perché vedi, caro Sergio, la cosa che più mi dà fastidio è che si parli tanto, anzi troppo e spesso a sproposito, di Banca Etruria e poco, molto poco considerando le diverse dimensioni, di MPS. Non mi dilungherò qui sul numero di clienti, dipendenti e filiali dell’una e dell’altra banca, penso che più o meno tutti sappiano di cosa sto parlando. Ora, è abbastanza noto che MPS sia una (anzi, la) banca di riferimento del PD toscano, o per meglio dire che lo era finché alla segreteria non è salito Renzi. Ed è altrettanto noto che le situazioni che hanno portato MPS sul punto di fallire almeno due volte, venendone salvata dall’intervento pubblico, non sono certo nate dopo la sua ascesa ai vertici del Partito, vengono da lontano, molto lontano, e ci raccontano di un “sistema” di spartizione dei finanziamenti pressoché egualitario fra centro-destra e centro-sinistra. La qual cosa non fa che confermare, come ebbi a dire a proposito dell’Agenzia per il Lavoro “Obiettivo Lavoro”, che quando si tratta di “business” non si guarda al colore politico! Qui dovremmo porci un primo interrogativo, cioè dire chi proponeva le nomine ai vertici di MPS e quanto pesavano i pareri dei vertici del PD su quelle nomine. Perché se andiamo a leggerci quanto riportato nell’allegato qualche pensiero “maligno” viene spontaneo farlo. Prendiamo un nominativo non a caso, Carlo De Benedetti. Perché MPS ha prestato al “grande” (im)prenditore 600 milioni (diconsi: seicento milioni) di euro per la fallimentare operazione Sorgenia, pari ad un terzo dell’intero finanziamento ottenuto, quando per i restanti due terzi è intervenuto un pool di ben 15 (quindici) altre banche? E quali garanzie ne ha ottenuto in cambio? Dalla lettura dell’allegato otteniamo una secca risposta: NESSUNA! Da come si sono svolti i fatti appare del tutto evidente che quel prestito è stata un’operazione scellerata, che nessun’altra banca avrebbe compiuto, e siccome non credo che i vertici di MPS siano (o siano stati) occupati da perfetti deficienti, l’unica spiegazione che possiamo darci è che abbiano agito a seguito di pressioni politiche! Di chi? Capire come siano legati tra loro da un “filo logico” certi avvenimenti a volte sembra fin troppo facile. Come ben sappiamo, Repubblica è un giornale di De Benedetti. Un tempo non tanto lontano era, assieme a l’Unità, il giornale che leggevo. Ora, per motivi diversi, non leggo né l’uno né l’altro. Ad ogni buon conto, come sarà come non sarà, dopo alcuni mesi dall’ascesa di Renzi alla segreteria del PD, quando la “minoranza” cominciò a fargli la guerra, la linea politica del giornale, in sintonia con le dichiarazioni che rilasciava il suo editore, gradualmente cambiò, diventando “antirenziana” ed appoggiando in maniera sempre più plateale quelli che sarebbero poi fuorusciti dal PD! Come diceva quel tale politico, per il quale non ho mai provato alcuna simpatia, tutt’altro, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si prende”! E per cercare di capire meglio come stanno le cose, comincerei col prendere Bersani, gli chiederei di lasciar perdere la “mucca in corridoio” e di raccontarci quello che sa della vicenda MPS. Tra l’altro ho notato che la sigla del “partitino” di D’Alema e suo (forse per un lapsus freudiano?) è quasi uguale al logo della banca. Già che c’erano, potevano chiamarlo MDPS (battutaccia?)!
Un abbraccio.
Silvano
2 Comments
Caro Silvano, non ci avevo pensato o meglio non credevo che persone così autorevoli e anche brave nel loro mestiere ( Giannini Folli ecc. )si potessero mettere a servizio dell’Editore con così tanto ossequio da diventare dei veri e propri ( nemici) del PD , è molto probabile che la ragione sia quella che avanzi tu.
Un discorso a parte è il comportamento del fondatore Eugenio Scalfari.
Più volte ha dichiarato la sua incompatibilità con Renzi tanto che ha condotto tutta la campagna elettorale al referendum del 4 dic. in contrapposizione alle ragioni stesse del referendum salvo nel giorno del voto ( ormai certo della vittoria del Si) dichiarare di votare No perché anche Prodi votava No.
Da una persona di quel livello mi sarei aspettato qualche cosa di diverso. Ma , udite udite, oggi su Repubblica dichiara , entrando nel dibattito interno alla sinistra che il parlamento italiano dovrebbe avere una sola camera e che in tutti i paesi Europei è così ( una delle basi fondamentali dell’Italicum) . Ditemi, soffro di amnesie o il mio cervello è oramai spacciato
Ciao
Marco
Scalfari dichiarò di votare SI, tardivamente e di mala voglia, ma lo fece.
E lo fece anche prima di Prodi, che invece aspettò l’ultimo giorno per dichiarare che è meglio succhiare un osso che un bastone.
Un appoggio che ha fatto più male che bene, e che nessuno, per rispetto, gli ha mai rinfacciato.
Credo e spero se ne sia pentito.