Caro Sergio,
ti segnalo un gran bel film documentaristico prodotto da National Geographic e condotto dall’attore Leonardo Di Caprio. Il titolo è “Punto di non ritorno” e descrive scientificamente l’emergenza climatica, con immagini spettacolari girate in tutto il mondo. Di Caprio intervista anche il presidente Obama, il Papa, etc. Purtroppo le previsioni, se non si rimedia ed è ancora possibile farlo, riguardano non solo noi ma, soprattutto, figli e nipoti.
Prego, segnalalo a parenti, amici e conoscenti.
Ciao
Carlo
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Per risolvere un problema noi ci rivolgiamo sempre ad un “Messia“. Aspettiamo sempre che qualcuno tenta di risolverlo non per aiutarlo nella risoluzione, ma per cercare i punti deboli della sua proposta ed attaccarlo. Soprattutto nel popolo italiano non c’è la volontà di risolvere i problemi della comunità, ma il singolo pensa a se stesso e vota chi gli garantisce il miglior futuro. Siamo tutti bravi a filosofare, ma quando poi c’è da prendere una decisione e qualcuno lo fa apriamo il “fuoco“ senza possibilità di compromesso. Segnalare a parenti ed amici che siamo a “un punto di non ritorno“ serve a poco anzi a niente; eppure potremmo fare delle cose molto semplici per fermare, se lo volessimo, l’inquinamento. Basterebbe non comprare le bottiglie di plastica per diminuire notevolmente l’inquinamento. Sarebbe sufficiente non comprare i prodotti che inquinano in generale, ma non si può fare: se no l’economia crolla ci dicono. Eppure quando la plastica non c’era, insieme ad altri prodotti inquinanti , il mondo è andato avanti lo stesso e gli essere umani si riproducevano molto di più che non adesso. Per fortuna c’è la natura, o Dio per i credenti, che fa rompere la corda quando si tira troppo. Scusatemi lo sfogo, ma io non condivido gli opinionisti che predicano senza fare nessuna proposta. Buona serata a tutti Antonio De Matteo
Ben detto Antonio, ma non ti sembra che Sergio si butti sull’ambiente per non parlare di politica? Scusa Sergio, è una battuta, ma mi mancano i dibattiti su argomenti politici, l’Ambiente lasciamolo a Greta e ai giovani, che dovranno prendersi le responsabilità politiche per fermare la distruzione del pianeta.
ciao a tutti Camillo
Grati a Greta non è un calembour, è un sincero sentimento che mi sento di esprimere alla coraggiosa ragazza svedese di cui tutto il mondo parla, e spesso straparla.
C’è chi la vuole Nobel e chi la vuol mettere sotto con la macchina, chi ne ha orrore e chi la adora.
Io le sono semplicemente e profondamente grato di avere portato in primo piano un problema che spesso, malgrado tutto, tendiamo ancora a nascondere sotto il tappeto.
Per vari e contrastanti motivi.
C’è chi fa finta di niente per difendere un lucroso status quo, c’è chi pensa che stiamo esagerando e che non c’è tutta questa urgenza, c’è chi ritiene che tutto si aggiusta com’è sempre stato, c’è chi denuncia la moda del momento e chi fa soldi sull’allarmismo, merce sempre facile da vendere.
In realtà c’è anche chi pensa che abbiamo sbagliato tutto, che dobbiamo chiedere scusa e tornare indietro (questa poi è davvero una mania di questi tempi …!) al mondo senza tecnologia, senza tutte quelle diavolerie a cui nessuno in realtà vorrebbe mai rinunciare.
Lasciatemi dire: la specie umana NON è ospite dell’universo, non è un fastidioso e pericoloso intruso da rimettere presto al suo posto, non è un nemico della natura.
La specie umana è parte integrante di tutto l’ambaradan cosmico, è natura essa stessa e fa quello che i suoi mezzi evolutivi le permettono di fare, come fanno tutte le specie viventi.
Essa è anzi molto meno pericolosa rispetto ad un asteroide come quello che distrusse i dinosauri 65 milioni di anni fa (poveretti, non avevano fatto nulla di male!) o dell’esplosione di una caldera, che potrebbe sprofondare mezzo continente con tutto quello che c’è sopra, noi compresi, con le nostre automobiline, le nostre casettine e anche le nostre misere centraline elettriche. Ed è meno pericolosa anche di un terremoto come quello dell’11 marzo 2011 in Giappone, che ha fatto danni incalcolabili ma che ha anche segnato la fine, speriamo definitiva, dell’equivoco nucleare.
La specie umana fa quello che ha sempre fatto (e sempre farà): lavora, progredisce, cerca di procurarsi condizioni di vita migliori, maggiore comfort, cerca di vivere più a lungo possibile, limitando dolori e malattie. Cerca di ridurre lo sforzo fisico e di sviluppare quello mentale, visto che dispone, unica nel mondo conosciuto, della coscienza, di sé, della vita, della morte.
Facendo questo a volte sbaglia strada, prende decisioni errate, fa danni, a volte consistenti, a sé stessa più che al resto della natura, che procede con le sue leggi, infischiandosene di noi.
Ho citato prima l’equivoco nucleare: circa un secolo fa la scienza (una bellissima ed utilissima attività messa a punto nei secoli, e non senza fatica, dalla specie umana) ha scoperto che nella materia esiste una mostruosa quantità di energia ed ha imparato a sprigionarla. Da quel momento fu evidente che essa sarebbe finita in un’arma e che, dato che c’era in corso da anni una sanguinosa guerra, quell’arma sarebbe stata usata. Lo fu, la guerra in effetti finì e fu chiaro a tutti che non si poteva farlo una seconda volta, pena la distruzione di tutto quanto. Nacque l’equilibrio del terrore, la deterrenza nucleare, che ancora oggi rende impossibile anche solo immaginare un conflitto mondiale totale.
Ex malo bonum: un risultato, sghembo e trasversale, fu raggiunto, pur se sulla pelle di decine di migliaia di giapponesi.
Ma non finì lì, perché chi aveva messo soldi nell’esperienza bellica pensò di poterli ammortizzare e moltiplicare usando quella tecnologia anche a scopi civili. Che ci vuole? Basta impedire la deflagrazione e centellinare il rilascio di energia. Facile a dirsi! Ci abbiamo messo 60 anni (Chernobyl, Three Mile Island, Fukushima, le scorie in giro per il mondo) per capire, e spero che l’abbiamo capito per davvero, che quella tecnologia, adatta per le bombe, non era adatta ad altro.
Non voglio aprire il dibattito sul nucleare, non è la sede, ma solo dimostrare che spesso si sbaglia strada e si deve correggere la direzione. Finora abbiamo sempre dato dimostrazione di saperlo e poterlo fare: semmai con difficoltà, ma insomma, con qualche risultato.
Ora siamo alle prese con un problemaccio che solo trent’anni fa nemmeno immaginavamo. Credevamo che l’anidride carbonica (CO2) fosse un innocuo composto chimico per bevande gassate e invece abbiamo scoperto che può stravolgerci la vita e, al momento, non è escluso che lo farà davvero. E insieme anche il metano (quello che ti dà una mano …!). Ed altro ancora.
È l’”effetto serra”, che provoca il riscaldamento globale ed il cambiamento climatico.
Ormai c’è solo Trump che non ci crede, ma lui e quelli come lui c’hanno i loro motivi, e non sono proprio edificanti.
Altri problemi, come l’inquinamento vero e proprio, si sono dimostrati in fondo gestibili, seppur con difficoltà, ma questa roba dell’”effetto serra” rischia di essere davvero un disastro.
Che fare?
Primo, non fare finta di niente (per questo, grazie ancora, Greta per la tua insistenza!).
Secondo, studiare, studiare e poi ancora studiare.
Terzo, investire, impiegare risorse, finanziarie ed umane, nella ricerca, sperimentazione, industrializzazione di possibili soluzioni. Il problema non è semplice, credetemi: sennò l’avremmo già risolto.
Quarto, e più importante di tutto, non farsi prendere dal panico e non provocare recessioni. Abbiamo bisogno di investire e le risorse le troviamo solo se il mondo cresce.
Qui in realtà sta il difficile: dobbiamo combattere un sottoprodotto della crescita senza fermare la crescita stessa, anzi spingendola al massimo, perché il problema è difficile e richiede risorse.
Attenzione allora ai falsi stregoni, a chi predica improbabili e pericolosissimi ritorni al passato.
Usciremo anche da questa crisi, impareremo a gestire, limitandolo o annullandolo, il riscaldamento globale, minimizzeremo il cambiamento climatico, non ho dubbi (sono un illuminista ottimista, una specie di malato inguaribile, qualcuno direbbe uno scemo cronico), ma guai se rallentiamo. Dobbiamo anzi accelerare, dobbiamo alzare il livello della sfida. Non abbiamo tanto tempo.
Quella dei combustibili fossili, che bruciando producono la CO2, è dopotutto una breve parentesi nella storia umana (neanche duecento anni): non è detto che sia l’unica strada, anzi.
C’è già tutto un fermento di idee, di attività, c’è tanta intelligenza al lavoro.
Ben vengano tante Grete a tenerci svegli, a non farci distrarre. Ma attenti ai sabotatori.
Si può cambiare la direzione, non il verso. La specie umana non torna indietro, non rinuncia a nulla. Adatta e si adatta. Cresce e si migliora. Deve continuare a farlo. Come negli ultimi 3 o 4 milioni di anni.
Viva la natura, o Dio per il credente, che con le sue regole forti, concrete ed incorruttibili permette alla “specie umana” i numerosi esperimenti di vita a volte molto pericolosi, ma sempre comunque sotto il suo stretto, sicuro ed efficiente controllo. I dinosauri sono spariti e siamo arrivati noi essere umani; ma chi lo sa se nei piani della natura c’è il ritorno dei dinosauri al nostro posto? Ai posteri “L’ardua sentenza” e speriamo che non siano dinosauri. Caro Camillo , io penso comunque che, prima che arrivino i dinosauri, Sergio ci dirà qualcosa sulla politica attuale del PD e del suo nuovo segretario Nicola Zingaretti. Buona giornata a tutti e buon weekend Antonio De Matteo Milano.