Caro compagno Sergio,
A leggere dell’ascesa dei Cinque Stelle mi è venuto in mente quando qualche anno fa, tra i banchi di quarta liceo scientifico, facevamo la rivoluzione francese. Tutti gli altri paesi (l’Impero asburgico, la Prussia, persino la Spagna, la Russia e gli staterelli della nostra penisola) facevano le riforme, la Francia no. Divisa in tre stati sociali (e tre giustizie diverse) ed con un sistema fiscale da antico regime, si arriva agli Stati generali dell’89, dopo più di 150 anni dall’ultima convocazione. Ma anche qui, i tentativi di riforma (come quelli del ministro delle finanze Jacques Necker) non vedono la luce ma l’ostruzionismo.
Tutto tace fino al cattivo raccolto del ’90 (o ’91, adesso non ricordo esattamente), il che significa rincaro del pane ed impoverimento di chi col pane ci campa. E’ qui che nasce la vera e propria rivoluzione: alla fine la spuntano i giacobini, che con toni molto forti salgono facilmente al potere. Con la stessa facilità con cui verranno rigettati da quel popolo che prima era fiducioso e che ora li conduce alla ghigliottina.
Nel frattempo, le casse dello Stato vengono così tanto dilapidate che, in confronto, in quel di Tangentopoli erano dei dilettanti.
Dove voglio arrivare? Come Claudio Cerasa, credo che Beppe Grillo non sia stato improvviso come il meteorite della pubblicità del Buondì, ma che sia stato l’uomo che «si limitò semplicemente a raccogliere i frutti di un’Italia già avvelenata da anni». Il punto è quando la goccia farà traboccare il vaso. E come lo fermi un mare in tempesta? Aspettando che si calmi con la vittoria degli altri mattatori, fino a quando non si sgonfieranno con la stessa velocità con cui si sono gonfiati (vedi Donald Trump o Emmanuel Macron)?
Pensando a questo, leggo i Venti di cambiamento che occupano quasi tutto il numero di ieri del Foglio. Leggo del riuscito Talent Garden di Davide (classe ’90), dove si affittano spazi di ufficio e si elaborano start-up; leggo di Francesco (classe ’92), che incomincia un’iniziativa editoriale a 16 (sedici!) anni e ora mantiene il pareggio senza gli aiuti di mamma e papà; leggo di Ciro (un ’92 pure lui), già padre di due bambini che ha preso la bottega dei genitori e l’ha resa una piccola azienda.
Che dire? Per ribaltare Michele Serra, noi ragazzi non siamo poi tutti sdraiati.
Un abbraccio,
Manuel Tugnolo
Studente di economia, 20 anni
Circolo PD Momo-Barengo-Vaprio d’Agogna-Caltignaga”
2 Comments
Carissimo Manuel, non voglio certo fare le pulci al tuo simpatico e bel intervento, ma mi pare che tu trascuri troppo quanto influì sulla Rivoluzione francese quel movimento di idee tipicamente francese che fu l’Illuminismo. Dietro a quella grande Rivoluzione ci fu cioè una rivoluzione del pensiero anche se certo la carestia incise. I grillini mi sanno poco o niente di giacobino ma più di jacquerie con quel tanto di regressivo ed in fondo reazionario che comporta. Non te lo fa pensare il contrasto alla Torino-Lione, che fruttò loro i primi consensi in Piemonte ed al Piemonte costò la presidenza Cota? Non te lo fa pensare l’avversione antiscientifica ai vaccini e tante altre posizioni del genere? Non te la prendere, sai io sono un vecchio brontolone che però si compiace di quanto certi giovani riescono, come tu dici, a fare. con sincera stima Giovanni Faggioni
Buonasera Giovanni,
Il mio obiettivo non è assolutamente quello di sminuire la rivoluzione francese: sono anzi profondo ammiratore del periodo 1789-1815 e tra quelli che ha Liberté, Egalité e Fraternité fisse come tre stelle polari.
In fondo qualcosa di giacobino ce l’ha anche l’idea di mondo a Cinque Stelle: la deificazione della Rete, anche se non si chiama Dea Ragione (Voltaire) o Essere Supremo (Rousseau, tanto per dire), segue quello stesso percorso ascendente di allora. In nome del Sacro Blog si mandano email per togliere diritti sul simbolo del M5S, cacciare attivisti o annullare comunarie, un po’ come all’epoca del Terrore si tagliavano teste in nome della Dea Ragione. E’ qui che termina l’illuminismo: la ragione che elevata a divinità rinnega se stessa. (Poi potremmo aprire un discorso sulle contraddizioni proprie dell’illuminismo, ma andremmo troppo fuori strada).
Queste analogie, ovviamente, riguardano solo la forma. Per quanto riguarda la sostanza non posso che darle retta: c’è del reazionario e della jacquerie, come sostiene lei, e questo lo testimoniano le vicende cui lei fa riferimento. Ma ci sarebbe da sbizzarrirsi anche leggendo le loro posizioni più recenti.
Con altrettanta stima, (e si figuri, non me la prendo mica!)
MT