Intervista a Matteo Renzi: c’è bisogno di un’iniziativa politica, non di qualche tweet. Il centrodestra? «Ha i numeri ma non una strategia». Lo scenario: «Meloni e Letta hanno bisogno di votare. E a primavera Di Maio farà le scarpe a Conte»
Senatore Matteo Renzi, l’Italia è travolta dalla quarta ondata. Crede che la politica sia in grado di dare un segnale forte ai cittadini ed eleggere il nuovo presidente della Repubblica al primo scrutinio?
«I cittadini si aspettano di vaccinarsi velocemente e di convivere con il virus come siamo destinati a fare. Il quorum al primo scrutinio è arduo da raggiungere. L’elezione del capo dello Stato richiede intelligenza politica: Bersani nel 2013 bruciò Marini insistendo per riuscirci alla prima. Che sia eletto lunedì 24 o giovedì 27 cambia poco : deve starci sette anni, cosa vuole che siano tre giorni in dopo?».
Maria Elena Boschi ha detto che chi spinge Draghi al Colle vuole le elezioni: lo dite perché non volete Draghi o perché temete le elezioni?
«Ha detto la verità. Meloni ha bisogno delle elezioni perché ha iniziato il calo nei sondaggi. La crisi di Conte è conclamata e Di Maio aspetta solo le amministrative di primavera per fargli le scarpe. Quanto a Letta, se non si vota deve fare il congresso e vincere le primarie , esercizio nel quale non ha grande esperienza. Loro vogliono il voto anticipato per esigenze personali. Io penso che invece le elezioni vadano fatte a fine pandemia e con il Pnrr impostato, nel 2023. Dopo di che, Draghi sarebbe un perfetto presidente della Repubblica come è stato un perfetto premier. Se vogliamo mandarlo al Colle, tuttavia, serve la politica. Perché l’arrivo di Draghi non è stata una sconfitta della politica, ma un capolavoro della politica».
Da un anno rivendica come un mantra il merito per l’arrivo di Draghi. Perché ora ha queste titubanze?
«Nell’ultimo anno ogni giorno sono stato fiero di aver combattuto con gli amici di Italia Viva per mandare a casa Conte e portare Draghi . Persino chi ci odia dovrebbe dirci grazie: abbiamo salvato l’Italia. Non sono dunque titubante su Draghi, ma faccio politica. Draghi è un punto di forza di questo Paese. Se vogliamo mantenerlo a Chigi gli va data massima agibilità politica. Se vogliamo che stia al Quirinale va costruita una maggioranza presidenziale, ma anche una maggioranza politica per il governo del dopo. Per farlo serve una iniziativa politica non qualche tweet a caso».
Lei guida 45 Grandi elettori del suo partito. Ma con i 30 di Coraggio Italia il potere contrattuale del vostro progetto centrista aumenterebbe. Insomma: che contropartita chiedete?
«Vediamo come evolverà il rapporto con i gruppi di Toti e Brugnaro. Diciamo che senza di noi è difficile fare un presidente della Repubblica. Ma senza di noi è proprio impossibile fare un nuovo governo. Siamo i garanti della prosecuzione della legislatura fino a scadenza naturale».
Un capo dello Stato di centrodestra per lei è un problema o no?
«No. La domanda però è teorica, perché mi sembra che i primi a non voler costruire consenso su un candidato di quest’area siano proprio i colleghi del centrodestra. Hanno i numeri ma non la strategia».
Da quanto non sente Berlusconi?
«Le confesso una cosa. Non lo vedo da quando abbiamo rotto su Sergio Mattarella. Era il gennaio 2015, esattamente sette anni fa. Mai più visto. Non lo sento da agosto».
Crede che abbia una chance di diventare presidente della Repubblica?
«Lui ci crede, pare . Il resto del mondo ci crede molto meno».
I suoi rapporti con Letta sono di nuovo a zero. Però, sul Colle e non solo, ha sempre un filo rosso con Franceschini: non è che è tornato ai tempi di «Enrico stai sereno» e sogna di vedere premier il ministro dei Beni culturali (il suo «miglior nemico»)?
«Enrico ci ha chiesto una mano per il collegio di Siena e gliela abbiamo data. Italia Viva allora è stata decisiva. Dal giorno dopo Letta ci ha espulsi dal centrosinistra addossandoci la responsabilità del suo fallimento sulla legge Zan. Ma forse doveva solo creare le condizioni per far rientrare D’Alema, adesso è tutto più chiaro. Se abbandona il rancore e prova a fare politica sa dove trovarci. Quanto a Dario, è un professionista serio e rispettato. Fatico a trovare uno più diverso da me, ma gli riconosco lucidità. Avrà ancora grandi responsabilità istituzionali ma non so dirle quali».
Eppure Letta è intervenuto per difenderla dall’attacco di D’Alema che aveva definito lei «malattia» del Pd…
«Non so se io sono la malattia del Pd come dice D’Alema. L’importante è che, se io sono il malato, non mi curi il dottor D’Alema con le sue ricette e con i suoi ventilatori cinesi mal funzionanti, ma ben pagati dal commissario Arcuri. Torniamo alla politica, guardi, che è meglio. Se i riformisti del Pd vogliono D’Alema e considerano un male ciò che abbiamo fatto su tasse, industria 4.0, lavoro, diritti civili, sociale è un problema loro, non mio. In tutto il mondo la sinistra diventa riformista, solo da noi diventa dalemiana. D’Alema che rientra nel Pd spiega in un solo gesto perché ha un senso Italia viva».
Lei flirta spesso con Salvini: la notte della manovra ci ha parlato a notte fonda in Senato, davanti a tutti, come a lanciare una sfida, specie al suo ex partito: il Pd . Eppure avete dna politico-culturali opposti: chi è che ha cambiato idea?
«Io e Salvini ci siamo sempre combattuti. Continueremo a farlo. Se oggi lui non ha i pieni poteri lo deve alla mia mossa del cavallo del 2019. Dunque combattiamo contro ma lealmente. E sulla vicenda del Colle negare un ruolo al capo del centrodestra, che ad oggi è Salvini, significa vivere fuori dal mondo».
Continua a dire che al centro c’è una prateria : ma dal punto di vista politologico le fasi di crisi spingono l’elettorato a polarizzarsi. Non teme di rimanere solo, in questa prateria?
«Più la destra diventa sovranista, più il Pd diventa dalemiano più lo spazio centrale cresce. E come vede non le cito nemmeno i Cinque Stelle la cui dissoluzione è emblematica. Conte dice votiamo una donna e quelli rispondono candidando Mattarella che come noto si chiama Sergio, non Sergia. Peraltro lo stesso Mattarella su cui mi hanno attaccato nel 2015 e hanno chiesto l’impeachment nel 2018. I Cinque stelle sono fondati da un comico ma adesso fanno ridere tutti. Le loro capriole di queste ore meritano vagonate di popcorn. Conte non sposta neanche il voto dei parenti. O come direbbe lui, degli affetti stabili».
In tanti si domandano cosa farà da grande: il suo futuro, se verrà rieletto, sarà ancora in Parlamento o si dedicherà a tempo pieno all’attività privata di conferenziere e lobbista?
«Non sono un lobbista. Faccio conferenze, sono membro di advisory board, insegno in università straniere. Il tutto nel rispetto della legge. Le mie attività non mi hanno impedito di essere protagonista della vita parlamentare in questa legislatura in almeno due circostanze: dopo il Papeete per mandare a casa Salvini, lo scorso anno per mandare a casa Conte. Continuerò a fare quello che la legge mi permette di fare e lunedì inizio il mio nuovo corso alla Stanford University. Si preoccupino di chi ha preso tangenti sugli appalti Covid, non delle mie legittime attività internazionali».
6 Comments
Sinceramente non ho parole su questa intervista di RENZI , si autodefinisce come l’ago della bilancia per le elezioni del presidente da giudizi su Letta che gli avrebbe chiesto i voti per Siena dove ha portato forse un 4 % e poi si dice il vincitore come se il 20 % e più del PD non costassero nulla, un classico di chi conta poco e usa il poco per una forma di ” ricatto ” , senza il mio 3 o 4 % niente vittoria, poi si lamenta perché sarebbe stato escluso dallo stesso LETTA , incredibile l’affermazione di avere salvato l’italia da CONTE , da cosa poi mi piacerebbe sapere quali catastrofe sarebbero successo con CONTE, non vede LETTA capace di gestire eventuali primarie e afferma che è per questo che il PD di LETTA vorrebbe andare a votazioni anticipate , lasciamo perdere le battute sul PD che non sarebbe un partito riformista, lasciamo perdere I suoi contatti con la destra ” moderata ” DI TOTI e altri , affari suoi che certamente lo escludono dai moderati di centro sinistra, non per responsabilità di LETTA e del PD . POI LA CHICCA , IL PD sarà DI D’ALEMA, a parte che se D’ALEMA chiederà la tessera del PD nessuno può impedirlo sia per motivi politici e personali non essendo ” un criminale ” . Poi entrerebbe come semplice iscritto non esiste per statuto che possa ricoprire subito dei posti di responsabilità, tipo direzione nazionale o regionale o in qualsiasi segreteria nazionale o regionale o comunale , farà il suo percorso come tutti , in caso di primarie se si dovesse presentare VEDREMO , si da il caso che non c’è un PD di D’ALEMA ci sono dei simpatizzanti di D’ALEMA, io per esempio lo ero stato a suo tempo, oggi è tutto un’altro discorso si discuterà e si vedrà ma, ripeto , non esiste il PD DI D’ALEMA come afferma RENZI, poi la cosa più ridicola di questo grillo parlante di RENZI è l’affermazione che la REGIA sarebbe di LETTA . STIA SERENO RENZI per un motivo molto importante, si dovrà discutere di una nuova legge elettorale , non so come sarà ma so una cosa, se metteranno lo sbarramento minimo al 4 o 5 % a rischiare di sparire sarà lui con IV , e non solo naturalmente, ricordo che oggi i suoi circa 40 PARLAMENTARI sono stati tutti eletti con i voti del PD . SALUTO
Ecco, appunto, non posso che rimandare a quanto appena pubblicato …
Con grave, prevaricatoria e partigiana insistenza, di cui mi scuso, mi permetto di ripubblicare un commento già postato qualche giorno fa e caduto nel pieno della polemica sulla Natività.
La sostanza dell’intervista al Corriere non fa che corroborare le mie osservazioni.
Il riformismo italiano non può prescindere né da Draghi né da Renzi (più molti altri – vedi intervista ad Enrico Morando sul Riformista di oggi); prima lo capiamo e meglio è.
La dirigenza del PD deve decidere da che parte stare. La scelta, qualunque essa sia, è il fondamento di ogni politica. Barcamenarsi è roba da incapaci, o da cinquestelle. Ditelo al Segretario …
La base, la gente, le persone, i compagni, credo siano già in larga parte riformisti e certamente non dalemiani.
Quelli, se ci sono, mettiamoli da parte una buona volta.
Buon anno.
Caro Sergio, esulto.
Mi stai ridiventando renziano.
La tua indiscutibile lucidità politica non può che prendere atto che il Nostro è di una lunga spanna avanti a tutti gli altri e, malgrado le botte infertegli senza ritegno né pietà, continua ad essere il punto di riferimento (lui per davvero, mica quel poveretto di Giuseppi) dei riformisti italiani. Non c’è match.
E’ ora che i riformisti si riaggreghino, seriamente, e prendano saldamente in mano le redini del cambiamento.
Draghi è il leader naturale. Renzi è l’unico ad avere ben chiaro in testa che le strade tortuose per il riformismo sono solo più o meno eleganti sistemi per NON fare le riforme. Ammuina pura!
Enrico Letta è l’epigono di tale posizione (e con tanto zio non potrebbe essere altrimenti …!).
Il nostro “amico” D’Alema ha subito capito l’antifona e ha sganciato una delle sue bombe puzzolenti che scoppiano sempre nel proprio campo. D’altronde , è uno specialista del giocare a perdere.
Molto bene: chi si illudeva è servito.
Andiamo avanti senza paura.
“C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole. Andiamo avanti tranquillamente.”
Stavolta l’iceberg lo conosciamo bene … e non ci schianteremo.
Il buon Sergio, persona corente, guidata da una sola morale, quella del bene e del vero, non ha potuto ignorare questa intervista di Renzi, sebbene il soggetto gli sia cordialmente poco simpatico (eufemismo!), ed ha fatto bene!
Perché lo ha fatto? Perchè Sergio, nonostante le mille ragioni di segno opposto, frutto di vicende anche personali, è interessato a costruire la bella politica e quindi non è caduto nella trappola di chi guarda il dito e non la luna.
E la luna ci parla di politica, appunto, del che fare, qui ed ora (hic et nunc, come perentoriamente dicevano gli antichi).
Commentare le cose che solitamente dice Renzi, però, lo sappiamo bene, espone immediatamente ad un giudizio che si risolve in una sorta di dichiarazione di schieramento: si è “a favore o contro”?!
Personalmente, non ho mai affidato a Renzi la mia totale fiducia: da vecchio tesserato e segretario PCI- PDS, DS votai Bersani nel 2009 e successivamente Renzi solo perché sembrava più agile nelle proposte rispetto ai suoi competitori.
Nel tempo, però, ho dovuto riconoscere che, a parte alcuni aspetti caratteriali che poi hanno aiutato i riottosi ad affossare il Referendum – determinando una sostanziale ingovernabilità del Parlamento – il ragazzo ci sa fare e quando agisce determina anche effetti superiori alle sue possibilità.
Ma questo è troppo ovvio per continuare a parlarne.
Preferisco, invece, ragionare insieme con lui su ciò che è (1), su ciò che accadrà a breve (2) e cosa potrebbe essere nel medio periodo (3).
1. La partita politica si gioca “al centro”. Non è un luogo comune. Lo dicono – incredibile dictu – proprio le scelte di D’Alema. Costui è uscito dal PD in totale e radicale dissenso da Renzi immaginando [al netto del suo odio personale!] che il renzismo avesse rinunciato ad intercettare una vasta platea della sinistra, per cui un Partito dichiaratamente di sinistra avrebbe avuto una vasta potenziale platea ove attingere. I risultati delle elezioni del 2018 collocarono tale avventura sul 3,5%, che non raggiunse il 5% neppure unito a Potere al popolo. Quindi, la sinistra “radicale (?) assunse a mala pena un ruolo di testimonianza, sebbene a votare si fosse recato il 73% degli elettori, spinto anche dalla splendente illusione dei 5 Stelle. Oggi – e qui Renzi ha ragione da vendere – i 5 stelle hanno esaurito il loro idrogeno e sono nella fase di supernovae in attesa di esplodere, con l’evidente effetto di un ulteriore disincanto politico, già segnalato dalla scarsa partecipazione al voto nelle ultime amministrative, appena superiore al 50%! Stando così le cose, la domanda sottesa di Renzi si impone, a D’Alema [che continua a sentirsi totus politicus] e a tutti noi: serve una sinistra radicale, o, al contrario, serve un centro sinistra riformista capace di formulare un radicale programma innovativo e mobilitare gli astenuti? E ne segue un’altra: può essere Renzi la malattia, che questo bisogna lo ha espresso anche fisicamente, in modo maldestro, magari, o ne è semplicemente il termometro? E D’Alema può essere il medico, oppure è proprio lui il virus – ricordando che in latino significa veleno-?
2. Nel breve periodo, tra pochi giorni bisognerà eleggere il Presidente della Repubblica. Chi darà le carte, stando la indisponibilità di Mattarella, la disponibilità di Berlusconi e la quasi disponibilità di Draghi? Di sicuro, non certo D’Alema! Bisognerà valutare l’opportunità o meno di eleggere Draghi, perché la realizzazione del PNRR non è né facile e né scontata, senza di lui. Bisognerà convincere Berlusconi a ritirarsi in un buon ordine: chi e come può farlo? Evidentemente chi ne assumerà in parte i suoi “desiderata”: ed ecco di nuovo l’esistenza di un ampio spazio per un “centro mobile”, capace di guardare insieme sia al bene del Paese che alla garanzia per tutte le forze politiche: dispiace per D’Alema, ma questo spazio coincide più con Italia Viva che non con Articolo 1!
3. E veniamo al futuro prossimo. Nel 2023 si voterà, questo è sicuro! Chi si fronteggerà? C’è da sperare che siano due poli facilmente identificabili: uno di centro destra e l’altro di centro sinistra. Chi ne farà parte? Il centro destra è chiaramente formato da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia (sebbene per questa forza politica, tolto Berlusconi, si possano fare anche altre ipotesi!). Il centro sinistra è quello più indefinito: PD + 5Stelle aperto a Calenda + Europa, Bonino e Italia Viva, oppure PD + Calenda, + Europa, Bonino e Italia Viva aperto ai 5Stelle? Ecco, è in questo dilemma che si giocherà la sfida. Ed in questo spazio un approccio alla Renzi può valere molto di più di quello che il PD di Letta sta conducendo verso i 5 Stelle, e che rischia ancor più di essere bloccato o deviato da un eventuale ritorno di D’Alema e sodali. In questa seconda prospettiva – cioè di un centro sinistra che si apre ai 5 Stelle – c’è anche lo spazio da riservare a Draghi, se costui non sarà diventato PdR: ed in una simile prospettiva, non ci sono sondaggi elettorali che valgano!
Ecco: di questo parla Renzi, piaccia o no: è possibile parlarne senza per questo essere etichettati renziani?
Molto bella e interessante questa riflessione, grazie.
Caro Sergio,
in attesa che tu dica qualcosa sul tuo eventuale “ritorno al renzismo” come qualcuno auspica, mi permetto anch’io umilmente di ripubblicare quanto già esposto precedente a proposito del ritorno probabile di D’Alema nel PD. Lo faccio perché quanto detto per D’Alema vale anche per Renzi, come commento alla sua recente intervista da te postata su questo tuo blog. Aggiungo inoltre che provo parecchio fastidio nei confronti del senatore toscano, quando Continua a sostenere di avere la verità in tasca, come normalmente faceva anche prima, all’epoca della sua rottamazione umana poi fallita clamorosamente. Mi sarei aspettato un po’ di riconoscimento nei confronti del PD e del suo popolo, compreso il sottoscritto, che l’ha fatto diventare famoso in tutto il mondo ed invece Continua con arroganza ad attaccare il professor Enrico Letta, nonostante quest’ultimo l’abbia sempre difeso e mai offeso, come segretario nazionale del Partito Democratico italiano, la prima forza politica del nostro Paese, attribuendosi meriti alla faccia della meritocrazia che normalmente è di competenza della comunità. Comunque tutte le idee hanno pari diritti e sarà il popolo italiano a promuoverle o a bocciarle e Matteo (Renzi ovviamente) lo sa bene per esperienza. Grazie per l’attenzione e buona giornata a chi legge Antonio De Matteo Milano
Caro Sergio,
io penso che il PD, non essendo più un partito dogmatico come il PCI, sia la casa di tutti coloro che ragionano con il pronome noi limando l’io. Certamente Ognuno di noi deve sostenere con passione ed intensità la propria idea, ma quando la maggioranza del partito, meglio della nostra comunità, non la condivide o non la capisce, non deve scappare, come hanno fatto Renzi, Bersani, D’Alema, Fassina, Calenda, ecc, e sperare, inutilmente, che gli altri lo seguono. Io ritengo che i veri pilastri del partito democratico italiano siano coloro che combattono per la propria idea, ma quando perdono non diventino disertori. Tant’è che applaudo, convinto e motivato, il comportamento dell’attuale segretario Enrico Letta e del precedente Nicola Zingaretti.
Non solo, ma apprezzo persino di più, pur non considerando il renzismo una malattia, il comportamento di dirigenti, come Cuperlo che scrive come segue.
“La malattia’ dem di certo non è guarita da sola, ma è guarita perché c’è chi in quel partito è rimasto e ha combattuto a viso aperto anche per sconfiggere una linea sbagliata.” Io ho condiviso le proposte di Renzi, ma presto mi sono accorto, e gliel’ho scritto, che la sua strategia della
” rottamazione” era completamente sbagliata. Tant’è che l’ha portato al disastro personale e questo mi dispiace. Il suo atteggiamento ed il suo algoritmo politico non è diverso da quello di D’Alema: ambe due sono opportunisti fortunati, ma non sempre. Continuare ad inneggiare i disertori considerandoli eroi ingiustamente vituperati, per me, vuol dire alimentare la fabbrica dei leader, dei generali senza eserciti, che pensano di essere invallibili, “unti dal Signore” e se ne fregano di chi è in difficoltà e chiede palesemente aiuto. Concludo dicendo che chi Crede nel compromesso tra la cultura comunista e quella cattolica progressista non può non abitare nella casa dei dem, anche quando la sua idea non passa al vaglio della grande comunità del PD. Grazie per l’attenzione e buona giornata a tutti/e coloro che leggono su questo blog, anche a chi la pensa, e con diritto, diversamente da me. Antonio De Matteo Milano