Caro Sergio,
fossi in Grasso non accetterei con il cuor leggero la guida del partito del rancore!!
Questo scambio di opinioni tra due signori invece, Sansonetti e Colombo, che è evidente, si stimano, mi fa pensare che mentre il populismo dilaga io, nel mio piccolo, ho dovuto smettere di condividere alcune cose che via via scrivevo sui social, per avviare, tra il serio ed il faceto un confronto, una riflessione. I social presentano una triste immagine di dove si stia andando. Sembra siano stati assimilati, tra i tanti vizi, anche quello della Travaglite! E così, accanto all’acutissimo giornalista, ci sono una miriade di grossolane copie venute male. Come se non fosse sufficiente l’originale. Non sembra ci sia più spazio per le sfumature, tutti la buttano giù semplice. E se non sei d’accordo sei sicuramente in mala fede, un connivente di qualcosa. O nel migliore dei casi manchi di “modernità”. Così, se i miei amici veri e virtuali di destra, evitano il confronto (forse non sono avvezzi a scrivere), negli ultimi tempi gli scontri con i grillini, mossi dalla convinzione di essere gli unici portatori della purezza assoluta, sono parimenti equivalenti come forza e violenza verbale, a quelli di chi, convinto di essere portatore della vera, pura coscienza di sinistra, mi aggredisce senza remore, pur essendo conscio di avere più di qualche punto di contatto con me. Neanche fossi un Renziano! Ma basta essere dotati di un moderato pragmatismo che ti ritrovi isolato. È un accerchiamento, e questa frattura che si respira alla base è quella che si vede agli apici. È triste, sono davvero bassi oggi gli argini al populismo.
Luca Serafini
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Bella e sintetica analisi di ciò che si trova sul Web che, a mio avviso, coglie anche nel modo giusto certe analogie comportamentali tra i “grillini” e quei “compagni” (ma credo che loro non ci considerino più tali!) che sono, prima di tutto contro Renzi, senza se e senza ma. Deriverà da questo la manifestazione di “amorosi sensi” di Bersani verso gli adepti di Grillo? Mah! Su un punto però sono in disaccordo con Luca, laddove (la consecutio indicherebbe che si riferisce a lui) definisce Travaglio “l’acutissimo giornalista”. E non perché lui non lo sia, ma perché del suo essere “acuto” egli fa un uso molto spregiudicato e, quasi sempre, strumentale al raggiungimento di fini non proprio etici. Vorrei ricordare che Travaglio, pur essendo chiaramente uomo di destra (non a caso il suo “nume tutelare” era Montanelli, che fu fascista prima di “volgere”, in età avanzata, ad un orientamento liberal democratico), non di meno scrisse per lungo tempo su l’Unità, non proprio un giornale “allineato” al suo modo di pensare! E benché allora il “bersaglio” comune fosse Berlusconi e il rapporto abbia funzionato piuttosto bene, quella collaborazione rappresenta comunque una “stranezza” e può giustificarsi solo come scelta opportunistica del giornalista. Anche per questo condivido quanto scritto qualche giorno fa da Grazia, commentando pure lei lo scambio epistolare Sansonetti/Colombo, e cioè “che da quando Berlusconi non è più stato premier il giornale di Travaglio ha dovuto reinventarsi come giornale di opposizione “a prescindere” per continuare a restare sul mercato.”. Cioè, Travaglio si era ormai talmente calato nel suo “personaggio” da non riuscire più ad uscirne. Ed anche “il giornale, sembra essere la filosofia di fondo, viene prima della verità, salvare il giornale a qualunque costo è stato, e probabilmente è ancora, l’imperativo categorico”. Alla faccia, quindi, del “giornale libero”, per cui il mantenimento di certi rapporti, vedi Colombo, serve solo da paravento (“ma non leggi cosa scrive Colombo, come fai a dire che non è un giornale pluralista?”). Acutissimo lo sarà pure, ma non certo di “specchiate virtù”!