Cario Sergio,
ho letto le riflessioni pubblicate sul blog, di Ciliberto, di Cuperlo, dello stesso Sergio, su Siena etc., e anche il pezzo di Sansonetti, illuminante a suo modo, e rassicurante se si vuole essere facilmente rassicurati. Ho anche ascoltato le dichiarazioni rese da esponenti del PD dopo le amministrative. Credo che non si possa eludere la questione di fondo più a lungo: il PD, come ogni altro organismo di questo tipo, muore perché ormai non trova, non può trovare dentro di sé le ragioni, la forza, il modo, di uscire dalla crisi; la difesa del proprio potere, della propria rendita di posizione, crea riflessi condizionati, coazioni a ripetersi, a non provare a fare analisi che potrebbero mettere in discussione la propria sopravvivenza. È impossibile chiedere a chi è in questa situazione di autoriformarsi; è accaduto solo in presenza di eventi epocali, che si sono incaricati di liquidare un ceto politico o una società, e anche qui non sempre con successo.
Inutile attardarsi su osservazioni ormai divenute banali, anche se ancora molti ci credono davvero, forse: Orfini che si preoccupa di rinviare, e si chiede se è meglio fare primarie o un congresso; Marcucci che si preoccupa ancora di difendere Renzi, sostenendo che le elezioni le abbiamo perdute anche senza Renzi; e via dichiarando.
Cito queste frasi non per spirito polemico, ma per documentare con esempi freschi quanto ho appena detto: sostenere una battaglia dentro il PD per cambiarlo mi pare impresa impossibile, molto rischiosa perché focalizza il discorso, ancora una volta, sul potere, a prescindere dalle buone intenzioni e dai nuovi obiettivi programmatici che si possono proporre.
Bene, ma allora? un fronte repubblicano? Per ora è una formula, niente di più.
Se però partiamo, come dice Sergio, dall´analisi di Ciliberto, dalla sua, e da quella di Cuperlo possiamo ritenere che la strada giusta sia quella di creare momenti, e luoghi(!?) di discussione, con i giovani, con quanti hanno perso il gusto del confronto, che l´assenza di solidarietà e la perdita dell’abitudine alla convivenza in una comunità di persone etc. etc. ha reso indifferenti. Gli interlocutori non mancano, e vanno motivati.
Il cuore deve essere, giustamente, la fondazione di una cultura politica di sinistra, che tocchi i problemi più gravi, ma nel quadro di una visione generale della vita associata, del modo di fare politica, intesa come soluzione di problemi, governo delle cose; i temi da affrontare sono talmente tanti da dare un senso di vertigine. Ma lo sforzo di individuarli, definirli, e quindi inserirli in un progetto politico credibile e anche visionario va fatto. Dobbiamo convincere le migliaia, centinaia di migliaia di persone di grande qualità e intelligenza, intimamente democratiche e perciò disgustate da ciò che li circonda (ne conosciamo tutti qualcuna) che l´individualismo non paga, che è l´anticamera di una società chiusa, sterile, da cui vengono i Trump, non i De Gasperi o i Berlinguer, la disumanità, che tocca tutti perché ci conviviamo quotidiniamente, la corruzione, la distruzione dei luoghi dove viviamo,non l´uguaglianza dei diritti e delle opportunità.
Dire che non c´è più spazio per una sinistra è una frase fatta, ripetuta tante volte e quindi persino convincente. Lo ha detto, al solito, Orfini (mi scuso di usarlo in questo modo, ma è il pensiero unico di una parte del PD, in questo momento, e quindi è pratico): oltre il PD c´è la destra. Ci sono, anche milioni di astenuti, di delusi, di emarginati che non possono più credere che qualcuno possa occuparsi di loro. Questi sono fuori del PD, e o non partecipano o vanno a destra, ma non sono oltre. tocca a noi riportarli, non nel PD, perché ormai può essere tardi, ma dentro la politica, la comunità.
Come si possa fare non lo so, ma dobbiamo cominciare da qualche parte, sapendo dove vogliamo arrivare.
Guido Clemente
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Tutte le iniziative sono valide per smuovere le acque, ma sono convinto di un punto fondamentale da cui ripartire. E’ la cultura di Sinistra a uscire sconfitta in Italia (come un po dappertutto nel mondo) non il PD in particolare. Quindi giovano poco i cambi di nome, strategia, governance etc etc. L’esplosione demografica, la mondializzazione e l’estrema rapidità dello sviluppo tecnologico hanno messo in crisi gli equilibri in tutto il mondo provocando le gravi crisi che stiamo subendo in vista del raggiungimento di nuovi equilibri. La Sinistra non poteva che pagare lo scotto, dato che per definizione non può che puntare alla crescita del reddito, da redistribuire equamente. Se c’è poco reddito l’equità va a farsi benedire in quanto gli egoismi per necessità prevalgono. Non potremo che perdere nel breve? Non credo. Se riusciremo a riattivare il dialogo tra i militanti e il mondo popolare in cui sono immersi, se usciremo dalle logiche correntizie nella dialettica di partito, se insomma remeremo tutti nella stessa direzione qualche possibilità c’è. Il tasso impressionante di astensionismo, la grande volatilità del consenso (legata a mio avviso proprio al fenomeno imponente dell’astensionismo) ci offrono praterie se renderemo credibili le nostre proposte, che esistono eccome se esistono! La proposta in sostanza autarchica della Lega e quella in sostanza della decrescita felice di Grillo sono ancora più inadeguate della nostra (in sostanza di una difesa prudente del welfare) ma più di impatto immediato nella ricerca del consenso. Inadeguate, assurde e controproducenti di fronte allo scenario impressionante e sconvolgente di crisi prima accennato. Bisogna con la dialettica e il dialogo presentare la ragionevolezza delle nostre proposte. Un esempio per tutti: Il reddito di inclusione praticamente sconosciuto (solo ora se ne parla!) a confronto con il super reclamizzato reddito di cittadinanza. Non poteva che essere travolto. Oggi si comincia a verificarne la ragionevolezza e così per tanti altri temi. Battaglia facile allora? Tutt’altro. Serve l’impegno di tutti nella convinzione che valori fondamentali ci uniscono e ci differenziano nettamente dalle varie forme di Destra oggi trionfanti.