Cliccando qui un’interessante riflessione di Claudio Martelli sui motivi della crisi della sinistra. Di seguito invece Paolo Branca su Strisciarossa.
Al Pd serve un nuovo leader e una nuova politica per evitare l’immobilismo – Paolo Branca
A un mese dalla storica sconfitta del 4 marzo e il giorno in cui sale al Quirinale per le consultazioni del presidente Mattarella il Pd appare in piena confusione. Una crisi peraltro abbastanza comprensibile: già in passato dopo le dure sconfitte inflitte da Berlusconi, la sinistra riformista ha saputo riorganizzarsi e rilanciarsi solo dopo mesi di tormenti e di disorientamento. Figuriamoci dopo un rovescio epocale come quello di un mese fa, con il peggior risultato nella storia del centrosinistra.
Quello che colpisce oggi sono piuttosto i termini della discussione e delle divisioni interne. Non è stata neppure abbozzata un’analisi della sconfitta, delle sue ragioni profonde, dei limiti del governo e del partito, della crisi del vecchio blocco sociale: esattamente come non era accaduto dopo la sconfitta del referendum o dopo il voto amministrativo nella capitale e in altre importanti città.
Il dibattito è invece interamente incentrato sulla collocazione del partito (all’opposizione senza se e senza ma) e sul cosiddetto Aventino, ed è per giunta condotto in modo del tutto astratto senza prendere in considerazione gli sviluppi (e magari le sorprese) che possono scaturire dalla politica.
Oltre che di scarso interesse, il confronto appare persino un po’ inconsistente, perché è evidente a tutti che il PD resterà all’opposizione: nessuno – all’infuori di Michele Emiliano – ritiene che si possano dare i propri voti a premier come Di Maio o come Salvini; l’unica ipotesi forse praticabile per il centrosinistra sconfitto, quella di un governo “di tutti”, viene tolta di mezzo proprio dalla totale contrarietà di Di Maio e Salvini. Semmai sono i toni e il non detto a fare la differenza. Perché un conto è prepararsi a una fase di opposizione, un conto è “non vedere l’ora che nasca un governo 5 Stelle-Lega” come ha auspicato il neo capogruppo al Senato Marcucci, sulla cui ascesa nessuno con un minimo di onestà intellettuale può dubitare che non sia stata determinante l’assoluta fedeltà all’ex segretario Renzi.
Anche la linea che esprime evidentemente è un segno dei tempi: una volta si lavorava per separare Bossi da Berlusconi, oggi si ha invece fretta di vedere rinsaldato il rapporto tra Salvini e di Maio…
Probabilmente dobbiamo rassegnarci a vedere contrassegnata da queste dinamiche tutta la prima fase post- elettorale. Per quanto tempo? Forse fino a quando non emergerà una nuova leadership nel PD, che avvii quella discussione e quel confronto sui grandi temi di cui abbiamo fatto cenno. Il dubbio a questo punto è se possa bastare un segretario eletto dall’Assemblea nazionale o se sia meglio anticipare il congresso e le relative primarie. È intuibile già l’obiezione: può un partito passare da un congresso all’altro, parlare continuamente al proprio popolo, mentre “fuori” tutto cambia e tutto è in movimento? Forse è un azzardo ma restare nell’indeterminatezza di oggi, con un reggente che può contare fino a un certo punto e con un ex leader che ancora esercita la sua influenza sulle scelte e sulle mosse del partito, sicuramente non produrrà alcun rilancio. Stare fermi ad aspettare è l’unica cosa di cui non ha bisogno la sinistra, tanto più dopo essere stata pesantemente ridimensionata nel Paese.
11 Comments
Quando leggo riflessioni di questo tipo mi si carica sempre di più la voglia di augurarmi che Renzi possa avviare un percorso alternativo a questo PD.
Caro Paolo, noi il leader ce l’abbiamo ed è Matteo Renzi e dopo Enrico Berlinguer (altra epoca, altro momento storico) noi come sinistra non l’abbiamo mai più avuto. Io non ne faccio “un culto alla personalità” ma un culto alla dinamicità, alla creatività, alla concretezza, alla lungimiranza, Sì. Renzi non ha rivali in questo momento e per l’epoca che stiamo vivendo, ed è proprio per questo motivo che l’invidia, ma se vuoi anche la mancanza di una alternativa alla pari, ha provocato il bersagliamento distruttivo, incessante da tutte le parti e da tutte le direzioni.
Quando Gianni Cuperlo nell’ultima direzione confessa che la sua minoranza non aveva (e non ha) una alternativa a questa azione politica e leadership, non fa altro che ammettere che tutte le sue battaglie distruttive e polemiche persistenti (così come pure quelle degli altri) erano legate a questa invidia.
Tutti noi non dovremmo avere questa invidia alla persona ma forse dovevamo e dovremo riscattare un orgoglio di partito e compattarci per quello che abbiamo creato e realizzato con questa leadership, dopo decenni di palude, anche se con qualche errore inevitabile per chi opera materialmente. E poi un’altra cosa, che tutti noi applichiamo nella ns vita familiare: il Passo dopo Passo, che nella vita politica non applichiamo ma che invece stiamo tutti lì a pretendere tutto e subito.
Ma già sento il mugugno: allora perchè abbiamo perso?
Perchè uno stillicidio di queste dimensioni, così incessante, così martellante, così distruttivo ad opera in primis dai suoi stessi amici / compagni di partito per poi allargarsi ai media più autorevoli con l’aggancio comodo di ogni opposizione, corporazione, lobby e caste di ogni tipo, cosa poteva produrre di diverso rispetto a quello prodotto?
Io sono un libero professionista che vivo di consenso e di conquista con tutto ciò che mi circonda, se avessi i miei figli e mia moglie che invece diffondono la voce che io mi conquisto il mercato con la truffa e i raggiri, quali consensi e conquiste di mercato potrei avere o aspirare?
La ricostruzione e il rilancio del PD, della sua comunità dovrebbe ripartire da qua, per poi affrontare tutte le altre cose. Fare il contrario non ci porterà lontano.
Cari saluti
Gianni Moscatellini
Ma in un paese dove succede quello che Musumeci (peraltro un vecchio fascistone!) ha denunciato o dove il comune di Ficarra, come in un film di Ficarra e Picone, deve chiudere per assenteismo, come potevamo vincere le elezioni?
Il PD ha fatto la riforma della PA (con i decreti attuativi, attenzione!) per colpire questo malaffare, a partire dai dirigenti e per finire ai sindacati collusi, ha preteso responsabilità da chi svolge mansioni direttive, ne ha chiesta a presidi ed insegnanti nei confronti degli studenti e delle strutture, a magistrati e burocrati nei confronti dei cittadini.
Potevamo riscuotere consenso da parte di elettori che hanno sentito minacciati privilegi e consuetudini, spesso perversi?
Certo che no.
E allora il PD deve rilanciare il riformismo con ancora più decisione. Il paese cambia se cambiano i comportamenti.
Questa è l’analisi.
Frasi come “… neanche abbozzata un’analisi della sconfitta …”, in italiano corrente, fuori dall’ipocrisia del politichese, significano solo: “processiamo la gestione precedente, scarichiamole addosso tutte le responsabilità e togliamoceli di torno!” Questa è la politica che dobbiamo sconfiggere!
Serve un nuovo PD che rivendichi le riforme e proceda come un treno.
En marche
Scusate, ma l’articolo è di Paolo Barca o Branca, perché ci deve essere uno sbaglio,
Se fossero le parole di Paolo Barca, quello che dice, non fa altro che confermare come si sia vecchi nel modo di affrontare le questioni con”discussione sulla sconfitta del referendum, alle amministrative , a Roma ecc.) senza porsi come invece fa lucidamente Erneso e Gianni, sulla necessità ancora reale di avere un segretario alla Renzi, se non ancora Renzi, che continui il cambiamento del partito e del paese con riforme di sinistra.
Come dice Ernesto,”en marche” ma con Renzi.
Camillo Repetti
Pienamente d’accordo con Ernesto e Camillo. Se abbandoniamo il percorso di un PD grande riformatore non andiamo da nessuna parte.
Il punto però drammatico, che io ripeto da tempo è, come si fa a scrostare o almeno ridurre tutte quelle consuetudini di caste e castine, lobby e corporazioni, burocrazie mediocri e meschine che non vogliono cedere i loro privilegi? Io spesso dico che ci vorrebbe un “dittatore buono” o un commissario duraturo (esempio di Roma che il commissario, dopo Marino, scopre che il Comune non conosce le sue proprietà immobiliari e non sa se incassa l’affitto o no), ma non potendo realizzare nessuna delle 2 ipotesi, per me rimane quella di riuscire ad avere una maggioranza politica FORTE, non certo con una decina di parlamentari in più, che pianifichi per almeno 10 anni (5 non bastano) un vero piano riformatore usando tutti i “lanciafiamme” a disposizione. In caso contrario cari amici non se ne esce tanto facilmente.
Come? C’è secondo me una unica strada, quella di approvare una legge elettorale a doppio turno , acquisire quindi una maggioranza robusta e agire però, in concerto con la parte più moderata-governativa che sta all’opposizione. Perchè fare questa pulizia riformatrice fa comodo anche alla opposizione del momento che potrà essere maggioranza nella volta successiva.
Io da tempo sostengo che in Italia non abbiamo ancora un centro destra moderno, europeo, antifascista, democratico alla Merkel. Noi della sinistra dovremmo favorirlo. Secondo me oggi Forza Italia ha una opportunità per raggiungere questo obiettivo ed è quello di sganciare la Lega che si allea con il M5S e lasciarli governare. Ed iniziare questo percorso costruttivo dalla opposizione.
Nella situazione attuale, se le forze politiche più ragionevoli, fossero consapevoli della necessità di questa grande spinta riformatrice, utile in prospettiva a tutti, ci dovrebbe essere lo sforzo di andare ad una alleanza forte (oggi vedo solo il cdx) per fare un governo provvisorio che approvi una legge elettorale a doppio turno (un ns vecchio cavallo di battaglia), quella dei Comuni per esempio, e poi subito alle elezioni senza perdere tempo e sperare che vinca il migliore.
Un caro saluto a tutti
Gianni Moscatellini
Paolo Branca, il “linguista”? E che ci fa qui? C’entra in qualche modo col PD? E’ iscritto o, comunque, un elettore “conclamato”? Ma se è lui, mi chiedo quale conoscenza abbia delle vicende del Partito e perché mai scriva cose dette e ridette da altri solo in chiave “distrattiva”, indicando (ma no!?) che il problema è Renzi! Ma per favore, ci avete rotto le scatole con questo refrain. Parlate, se ne siete capaci, di cose serie! Non ho intenzione di ripetermi, ma consegnerò al Blog il testo dell’intervento del compagno Enrico Deodati ad un incontro con Cuperlo. Spero che tanti, a partire da Branca, riflettano su quanto dice e provino a capire, se ci riescono, quale sia il sentimento che pervade larghissima parte di coloro che hanno votato PD alle ultime elezioni. Ovviamente tutta la mia approvazione ai commenti di Gianni, Ernesto e Camillo.
INTERVENTO DI ENRICO DEODATI ALL’INCONTRO CON CUPERLO
Una delle ragioni della sconfitta, risiede senz’altro nell’incapacità, che abbiamo avuto, di comunicare. I provvedimenti dei 1000 giorni ed i provvedimenti del Governo Gentiloni, di quelli figli, hanno consentito di rimettere economicamente in moto questo paese e di renderlo un paese più civile. Ed anche i provvedimenti previsti nel programma elettorale erano nel solco di quelli già presi: insomma era “lineare” la continuità con l’obiettivo di un paese più moderno ed in grado di giocare un ruolo nella globalizzazione come opportunità e non come problema.
Tutto questo si è mosso, però, nella categoria della razionalità: va benissimo, figuriamoci per una forza di sinistra, ma non è sufficiente, perché i nostri avversari hanno soffiato sulla paura facendo leva sul qualunquismo e su pulsioni reazionarie, identitarie, razziste.
Noi non siamo stati in grado di sconfiggere questi istinti primordiali, perché non siamo stati in grado di parlare al cuore degli elettori, mediante la rappresentazione di una visione emotiva avvolgente e coinvolgente, di cui i provvedimenti sono solo la declinazione nella storia, il loro inveramento. Contro l’irrazionalità della paura che spinge alla chiusura, all’arroccamento, alla conservazione e alla reazione, serviva l’emozione di una visione che guida all’apertura degli orizzonti, che spinge all’orgoglio di una missione, la missione di un popolo o, se vogliamo, di una comunità: la comunità del PD, nato dalla sintesi delle migliori forze riformiste di questo paese.
Ci serviva la visione di un partito di sinistra nella globalizzazione, che non la demonizzi, ma che anzi la sfidi, trovando in essa il nuovo terreno della sinistra riformista, mediante risposte che abbiano dignità storica.
Avremmo avuto bisogno di qualcuno che elaborasse una visione: e questo ce lo saremmo aspettati proprio da chi all’interno del partito, non coinvolto dalla quotidianità dell’azione di Governo, potesse indicare una nuova prospettiva della sinistra, un nuovo “sol dell’avvenire” a cui tendere mediante l’azione di governo con al centro il PD.
Questa nuova prospettiva non c’è stata, il nuovo “sol dell’avvenire” tarda a sorgere, non soltanto per responsabilità del PD, ma il PD è ancora il primo partito all’interno del PSE europeo: crediamo anche che abbia responsabilità conseguenti. Chiederei ai nostri relatori che cosa pensano al riguardo.
Io credo che le elezioni le abbiamo perse anche per il cuperlismo o, se volete, l’orlandismo o, ancora, l’emilianismo. Niente di personale, absit iniuria verbis, ma così come il renzismo, nelle intenzioni di chi ne parla con connotazione negativa, indica un sistema di gestione del partito, o addirittura di potere, il cuperlismo o l’orlandismo possiamo assumere che indichino una modalità negativa dello stare insieme in una comunità, in un partito, assolutamente da evitare, a mio avviso.
Dissentire è un diritto/dovere, specie all’interno di un partito che si chiama democratico, ma è francamente imbarazzante che non si comprenda, o, peggio, si faccia finta di non comprendere, come le continue polemiche interne ci abbiano danneggiato: è incredibile che non si colga come le polemiche sistematiche e strumentali, tese a marcare differenze rispetto ad una linea politica definita democraticamente all’interno degli organi collegiali previsti, ci abbiano danneggiato.
Le elezioni le abbiamo perse non perché siamo apparsi divisivi, ma perché siamo apparsi divisi, non perché non abbiamo governato bene ma perché non abbiamo dato un messaggio univoco sui positivi effetti dell’azione di governo, oggettivi, rappresentati da numeri, sui quali pure si è trovato il modo di discutere o di far finta che non esistessero.
Le elezioni le abbiamo perse perché non siamo stati in grado di rivendicare insieme i risultati dei governi a guida PD, perché mentre c’era chi in Parlamento doveva trovare i numeri per l’approvazione di leggi che hanno segnato il progresso di questo Paese, c’era una pletora di compagni e amici del PD che sparavano sul PD e su Renzi, ed è questo il cuperlismo che non va.
Le differenze sono una ricchezza in qualsiasi comunità, anche nella nostra, ma sparare contro i governi del PD e contro il segretario del PD, nei salotti o nei giornali di un’informazione schierata, tutta, con talmente poche eccezioni da non essere rilevabili, non è una ricchezza, questa diversità non è più una ricchezza ma è un regalo fatto agli avversari.
E guardate che questo atteggiamento, non è diverso dall’atteggiamento di chi, pensate ai leghisti o ai 5 Stelle, a Bruxelles criticava il governo italiano, dando l’immagine di un Paese incapace di fare sistema, anche quando c’erano da votare provvedimenti nell’interesse nazionale.
Poi ognuno faccia le proprie analisi, ma certamente noi riteniamo che grosse responsabilità della sconfitta siano legate al fuoco amico, che ha restituito l’immagine di un partito sfilacciato: noi auspicheremmo che non ci sia più fuoco amico e apprezzeremmo moltissimo che Gianni e Luciano ci dicessero qualcosa in merito.
Detto ciò, le elezioni le abbiamo perse e in una democrazia chi vince governa, chi perde va all’opposizione con l’obiettivo, per noi auspicabile, di condurre un’opposizione che ci consenta di vincere le elezioni successive. È un concetto semplicissimo.
Ma se abbiamo bisogno di ripetere ogni due per tre che stiamo all’opposizione di qualsiasi governo grillino o della destra, significa che c’è qualcuno che la pensa diversamente, significa che c’è qualcuno che spera e che opera perché le cose vadano diversamente e cioè ci sono alcuni che sperano e operano affinché un qualche sostegno lo si dia alla formazione di un governo del Paese. Ovviamente lo fanno appellandosi al senso di responsabilità. L’esistenza di una forza di opposizione è l’essenza della democrazia. Essere democratici significa rispettare l’esito delle elezioni e le regole della democrazia: quella che vorrebbero spacciare per responsabilità nel soccorso del PD a qualsiasi governo dei grillini o della destra è soltanto una inconfessabile manifestazione di “poltronismo”. Altro che responsabilità! La responsabilità del PD, nella coerenza con i suoi valori, con la sua azione di Governo, con le sue idee può essere solo quella di opposizione alle forze antisistema e antidemocratiche, alle forze politiche partorite da società private, alle forze razziste, xenofobe e populiste. La responsabilità del PD è quella di difendere la sostanza della Costituzione, la responsabilità del PD è quella di denunciare un mostro politico costituito da una società privata che gestisce il consenso in maniera opaca ed incontrollabile in nome del suo opposto: questa è la responsabilità del PD, denunciare questo mostro, a meno che qualche nostro brillante dirigente non pensi che debbano farlo gli altri, perché lui deve fare il responsabile al governo. Chi non se la sente di fare opposizione, perché affetto da poltronismo, lo capiamo, è uno che sta male, vive un’intima sofferenza: va capito, ma non può pensare di avere il consenso dei milioni di elettori del PD proponendo oscenità politiche. Lo vogliono fare, lo facciano, ma fuori dal PD. Ed anche su questo vorremmo una vostra opinione, speriamo convergente, non tanto qui, perché siamo tra amici ed elettori, ma almeno fuori. Grazie.
Bellissimo intervento quello di Enrico Deodati. E’ e deve essere il punto centrale delle ns analisi. Il resto è fuffa o qualcosa di simile.
ciao
Nessuno dei famosi, onniscienti ed onnipresenti soloni dei media, che da un mese continuano a sproloquiare in ogni dove sul nulla di questo dopo-elezioni, ha avuto l’acume o l’ardire di notare l’assurdità, ai limiti (anche oltre) del paradosso e della burla, della posizione del M5S e del suo famoso statista telecomandato Luigi Di Maio.
“Propongo un contratto a Lega e PD e vediamo chi ci sta!”
Come se fosse la stessa cosa …! Contraenti fungibili!
Ma come cavolo può una forza politica (ma forse non è una forza, e nemmeno politica …) considerare indifferente o fungibile un accordo con un partito apertamente sovranista, di destra, anti-sistema, anti-europeo, ex-localista come la Lega, oppure con un Partito (finora considerato causa ed artefice di tutti i mali del mondo!) di sinistra, aderente al PSE, apertamente europeista, governista, con un Segretario, seppur dimissionario, che è peggio di Landrù?
Tanta superficialità è semplicemente pazzesca: e nessuno dice nulla … Tutto è concesso ai nuovi padroni del vapore.
Anzi, siamo noi che facciamo i difficili e gli schizzinosi.
Quanta malafede c’è intorno alla politica!
Lo ripeto: l’unica via del PD è rivendicare con forza quanto fatto, urlarlo ai quattro venti, proporre il sequel, compresa la riforma istituzionale, senza la quale non si va da nessuna parte.
Noi abbiamo ancora un progetto, gli altri no.
Noi possiamo realizzarlo, gli altri no.
Noi abbiamo (avremmo) il dovere di procedere uniti e compatti, coscienti che abbiamo le risorse per fare quello che serve al paese.
Uno scatto di orgoglio, di autostima, altro che genuflettersi e chiedere scusa se ci siamo permessi di portare qualche cambiamento ad un Paese che NON VUOLE cambiare, pur avendone bisogno come dell’aria.
Se il prossimo Segretario, sia chi sia, non riprenderà con energia il lavoro fatto diventeremo una “forzetta”, forse pure di sinistra, ma comunque assolutamente irrilevante ed inutile.
En marche.
Auspico che il dott.Paolo Branca possa leggere l’intervento di Enrico Deodati. Forse non lo farà ma se lo farà avrà la dimostrazione che nel PD l’analisi della sconfitta è in pieno svolgimento, dura, profonda, piena di contenuti. Ma mentre noi analizziamo gli eventi loro si attribuiscono le “poltrone istituzionali” votandosi l’uno con l’altro, senza far caso se l’altro sia Berlusconi. Per loro è un accordo per me è una spartizione di sedie. Martina ha indicato le priorità sulle quali si aprirà un confronto con le altre forze politiche. Quindi, di quale Aventino si blatera? Sono contento di partecipare alla discussione nel blog di Staino (ne avessero loro di persone serie e coerenti come Bobo) e, confesso, mi motiva.
A chi non l’avesse ancora fatto, consiglio di visitare questi due siti:
1) http://www.lastampa.it/2018/04/06/cultura/opinioni/buongiorno/uno-nessuno-e-di-maio e leggersi il “Buongiorno” di Feltri;
2) http://www.affariitaliani.it/politica/m5s-regime-totalitario-532960.html?refresh_ce dove Gianni Pardo riprende alcune considerazioni di Messina (Repubblica) sul M5s.
Un’ultima cosa. Nella mia sezione/circolo si è iscritto nuovamente il dott. Domenico Ioppolo, che fu il più giovane assessore d’Italia negli anni 70, all’età di 18 anni! E’ stato altissimo dirigente della Nielsen, la società di ricerche di mercato e ora opera con una propria società nel campo delle comunicazioni. Stesse in me, lo nominerei subito “Responsabile della comunicazione ” del PD, perché è una mente, davvero! Dice che in questa fase avremmo tante di quelle carte da giocare per mettere in crisi i “vincitori” che il comportamento dei nostri rappresentanti gli risulta incomprensibile e inconcepibile. Forse dovremmo davvero dar vita ad un ribaltone che passi alla storia!
Quanta confusione sotto il cielo dei Democratici.
Si continua a parlare di uomini, di correnti, c’è chi pretende che Renzi sparisca e chi lo vede ancora come il leader indiscusso. c’è chi lamenta la mancanza di una seria analisi della sconfitta e chi ritiene che sia già stata ampliamente fatta individuandone la maggior causa nella divisione e dalle eccessive critiche interne.
C’è chi velatamente guarda al 5 stelle e chi invece vede il PD all’opposizione che non c’entra nulla con l’Aventino.
In questa generale confusione tutti hanno le loro ragioni e tutti hanno i loro torti e andremo avanti cosi se non si chiarisce bene cosa deve essere il PD, se deve ancora essere partito o qualche altra cosa, sento e leggo francesismo e mi preoccupo (ennesimo inizio?)
Siccome io penso che necessiti una vera rifondazione tramite un congresso rifondativo questo non può non avvenire con il Partito fuori da responsabilità di Governo.
Poi è ora che si faccia chiarezza su che tipo di Partito bisogna puntare, quali sono le sue linee programmatiche che lo identificano, la sua organizzazione sul territorio, le modalità con cui si scelgono i gruppi dirigenti e le regole a cui ogni iscritto dal segretario all’ultimo iscritto bisogna attenersi. Le primarie lasciamole solo in presenza di coalizioni, i dirigenti vengano scelti dagli iscritti, il limite dei due mandati oltre a non aver nessun senso si fa anche fatica a rispettarlo. Queste sono per me i requisiti minimi per definirsi Partito e per starvi dentro, se non si chiarisce questo percorso resteremo solo un comitato elettorale, una macchina per creare consenso.
Lo fossimo davvero, una macchina per creare consenso …!
Adesso siamo solo una macchina un po’ ammaccata, poco efficace e poco efficiente, e dobbiamo migliorare.
Quindi non degraderei il concetto di “comitato elettorale” (al massimo è brutta l’allocuzione!).
Un Partito è SEMPRE un’organizzazione elettorale, lo è per definizione, a partire dall’art. 49 della Costituzione.
Un Partito deve preparare programmi e progetti di governo, deve selezionare la classe dirigente, deve convincere gli elettori, deve cercare di diventare maggioranza, almeno relativa, del Paese.
Le elezioni sono lo strumento principe della democrazia e non è vero che vengono ogni 5 anni: ne abbiamo di continuo, perché il nostro sistema istituzionale è complesso e non si può fare altrimenti. Nazionali, regionali, amministrative, europee, referendum, il Partito deve essere sempre pronto a misurare il suo consenso, quindi sarebbe molto bello se fossimo davvero una macchina per creare consenso.
Il problema è che è difficile mantenere la necessaria tensione competitiva a lungo e strutturalmente: bisogna avere meccanismi oliati, disciplina ferrea, regole chiare e condivise, bisogna gestire continui flussi di informazioni top-down e bottom-up, mantenere il controllo delle strutture periferiche per evitare infiltrazioni indesiderate e comportamenti inadeguati, saper annusare l’aria che tira, essere presenti dove c’è la gente, a partire dalla rete, alla quale siamo tutti in un modo o nell’altro legati.
Ebbi a dire tempo fa che non si deve confondere il Partito con una ONG, una ONLUS, un centro di volontariato o di servizio.
Può esserlo in parte, se in certe realtà se ne creano spontaneamente le condizioni; inoltre è certamente opportuno tenere con le associazioni rapporti stretti laddove esse operano, ma il fine del Partito è vincere le elezioni e poi governare.
Purtroppo in PD, dalla sua nascita, non ha mai assunto davvero un ruolo siffatto, sempre distratto e disturbato da problemi interni, quasi sempre legati a rapporti personali e non a progettualità diverse e riconoscibili.
La dimostrazione lampante è che quando un progetto c’è stato (all’inizio con Veltroni e nel 2013-14 con Renzi) il PD ha mietuto successi notevoli; ora quel progetto l’abbiamo danneggiato e un progetto alternativo non esiste: quindi fatichiamo a definirci.
Vedo molto disordine nei vertici: impazienza, smania di comparire, horror vacui, nessuna autostima, assurda voglia di tornare indietro.
Così non si va da nessuna parte.
Questa è una partita di poker che va giocata con freddezza, aspettando il momento migliore per entrare in scena, senza sprecarsi in polemiche continue ed inutili.
Difficilmente questa legislatura per sopravvivere potrà fare a meno del PD; ma, se lo facesse con un governo M5S-Lega, avremmo una prateria davanti, agendo con criterio dall’opposizione.
Giochiamocela bene, per una volta.
En marche.