Cari amici vi esprimo alcune riflessioni sortemi dal commento del compagno Antonio De Matteo del 22 giugno aquesto post in cui critica l’eccessiva intellettualizzazione del dibattito.
Premesso che la diffidenza che Antonio mostra nei confronti dei compagni intellettuali che parlano di filosofia dimenticando gli aspetti concreti della politica del partito è un atteggiamento che mi crea una certa irritazione, al di là della sincera volontà unitaria di Antonio, l’etichettare come “intellettuale che fa filosofia” un compagno porta sempre con sé una critica ricca di rischi populisti. Credo cioè che il confine tra il compagno che fa filosofia e la deprecata “sinistra radical chic” sia molto labile. In sostituzione di questi discorsi Antonio propone lo spostamento della discussione sui punti programmatici con cui riconoscere l’appartenenza al partito: la posizione di Minniti sui problemi dei migranti, il nostro jobs act sul problema del lavoro, il nostro favore alle grandi opere infrastrutturali etc. Sinceramente mi chiedo come possano queste scelte operative diventare basi ideali per una scelta politica di fondo. Per me, scusate la franchezza, questi punti lasciano il tempo che trovano. Per maggior precisione posso dire che sono punti che possono giustamente riguardare un’alleanza operativa di governo ma non riguardano assolutamente l’unità ideale di una forza di sinistra. Io l’unità della sinistra la ricerco sui valori condivisi, sullo schierarsi dalla parte degli umili, degli sfruttati, contro le guerre, contro lo sfruttamento e la dissoluzione del pianeta. Per questo cerco un partito i cui membri siano pieni di buona volontà come credo di essere io, che guardino il prossimo (soprattutto i più derelitti) con uno sguardo più solidale e si organizzino e lavorino e programmino la loro vita in un’ottica di giustizia e solidarietà. Se ho questo, e solo se ho questo, posso muovermi con serenità e posso valutare con gli altri le diverse scelte operative da compiere e, se abbiamo idee diverse sulle scelte da fare, sono pronto ad ascoltare, discutere e, se rimango in minoranza, di lavorare ugualmente con entusiasmo perché so che accanto me ho dei compagni nel senso più completo del termine. Compagni che mi danno fiducia e non si sognano di rompere il nostro legame ideale di fronte alle mie possibili critiche operative. Questo è il partito che sogno e che non abbiamo. Una delle maggiori responsabilità di Renzi è stata proprio questa: condannare all’isolamento quei compagni che non erano d’accordo su certe scelte operative, non trattarli più da compagni, non vederli come portatori di valori fondamentali per il partito e ripetere con grande superficialità il ritornello del “possono andarsene e ce ne faremo una ragione”. Ecco, io credo che è proprio per la distruzione che abbiamo fatto dei nostri ideali che oggi non siamo in grado di bloccare o frenare la deriva populista di chiara impronta xenofoba e reazionaria. Non basta il jobs act o l’abolizione del Senato per frenare la paura del diverso. Occorre invece una forza ideale e politica capace di tirar fuori i sentimenti più nobili dal cuore delle persone dando loro le armi per affrontare la paura del diverso.
Ecco, questa forza politica di grande valore ideale cui far corrispondere un’etica solidale a tutti i militanti, non esiste più nel PD. Lo dico ovviamente con una enorme tristezza e abbandonando quello spirito combattivo che mi ha portato fino ad oggi a sperare in una rinascita partendo da quel che c’era rimasto di un partito di sinistra. In definitiva credo che gli ultimi anni di gestione del PD, al di là della buona volontà di persone valide (ne potrei citare tante), abbiano portato il nostro partito alla fase conclusiva anche da un punto di vista squisitamente organizzativo. So che sono parole grosse e soprattutto drammatiche ma è esattamente quello che sento. Io mi sento sempre più legato a molti compagni del PD e, contemporaneamente, sempre più estraneo a questo PD come istituzione. In contemporanea, sento il bisogno di creare strutture nuove in cui si discute anche di progetti operativi, certo, perché sempre alla gestione politica del paese dobbiamo tendere, ma che in questo momento tendano soprattutto a riunire chi ancora crede a quelli che sono stati e sono ancora i valori della sinistra, in Italia e nel mondo. Bisogna riunire soprattutto giovani, insegnar loro a studiare e studiare noi stessi, capire come si è trasformato il mondo e quanto indietro sia rimasta la sua lettura nel nostro partito. E’ impressionante il vedere nel 2018 il ripetersi di passi analoghi a quelli della nascita del fascismo senza che la stragrande maggioranza delle persone se ne renda conto. Lo studio e la conoscenza devono diventare fattori primari del nostro futuro lavoro. Credo che bisogni lavorare perché sorga al più presto da questo disorientamento profondo una nuova classe dirigente e questo lo si può fare solo se buttiamo alle ortiche ogni etichetta di appartenenza a precise organizzazioni politiche. Devono essere i valori etici ad unirci, non le identità di partito. Assemblee, incontri, scuole, corsi di formazione politica aperti a tutti quelli che abbiano un desiderio di ribellione allo stato attuale delle cose e una sincera voglia di cresciuta culturale e politica. Non mi basta incontrarmi con i pochi superstiti del circolo del PD, voglio aprirmi con tutta l’umiltà possibile anche alle tante persone buone organiche ad altre forze o magari isolate e rinchiuse in se stesse. L’unità delle sigle non serve più perché dietro ogni sigla (sia il PD, sia l’Arci, l’Anpi o chi altro) manca una forza unitaria così carica di ideali da mostrare con relativa facilità il nostro nuovo orizzonte. In tal senso trovo suggestive e condivido le parole di Gianni Cuperlo quando, paragonando il PD a un albero, ne suggerisce lo scuotimento in modo che cadano i frutti buoni che abbiamo prodotto. Frutti che ci serviranno come alimento nel lungo cammino che abbiamo davanti.
8 Comments
Caro Sergio,
quelle che tu chiami con un po’ di sussiego “scelte operative” sono in realtà quelle che impattano, cambiano, migliorano o meno la vita vera delle persone.
Quindi non possono essere messe in secondo piano nella costruzione e nell’organizzazione di un partito che vuole governare la società e non solo rappresentare ideali seppur altissimi, sacrosanti, intangibili, come l’uguaglianza, la libertà, la giustizia sociale. Sugli ideali ci possiamo trovare facilmente e, se non lo facessimo, significherebbe che siamo su posizioni probabilmente inconciliabili e quindi non varrebbe la pena insistere.
Purtroppo sono proprio le scelte operative che invece ci portano e ci hanno sempre portato su posizioni diverse ed anche fortemente conflittuali, a partire dalla scissione del gennaio 1921.
Quelli mica discutevano dei valori del socialismo! Discutevano della possibilità di tenere i riformisti dentro il Partito. e su questo si divisero (sciagurati!).
Io do per scontato che chi si sente di sinistra condivide valori fondanti solidissimi, ci mancherebbe!
Il problema è che qualcuno pensa poi di trovarli nel M5S, o persino nella Lega, se è vero che questa da qualche parte ha guadagnato voti anche a nostro discapito.
E allora la differenza la fa la politica delle scelte operative, come le chiami tu, che possono o meno aggregare consenso, possono o meno incidere sulla vita di molti o di tanti, che possono cambiare le regole e le modalità di vita associativa (insomma, il programma riformista).
E’ certamente vero che un Partito è una comunità di persone che condividono valori profondi, ma poi, o li trasforma in politiche, oppure diventa un’associazione culturale, nel migliore dei casi, o una bocciofila, nel peggiore.
Ma qualcuno può davvero pensare che Minniti, tanto per dirne uno, non condivida valori “di sinistra” come la solidarietà?
Qualcuno può pensare che chi ha governato il Partito finora e vinto due congressi col 70% sia un infiltrato della destra?
Qualcuno può seriamente pensare che in quattro anni di governo abbiamo fatto prevalentemente politiche di destra?
Siamo seri. Qui si sono scontrati due o più modi di vedere la politica, non diversi sistemi valoriali e questo scontro ha penalizzato fortemente la nostra credibilità.
Adesso, dopo aver fatto tanto (e tanto è stato fatto!), dopo aver pagato l’attivismo, aver pagato anche l’approssimazione
e i compromessi, adesso dobbiamo trovare il modo di ripartire. Ma, di nuovo, dovremo fare uno sforzo progettuale sulle cose da fare e su come convincere le persone che queste cose sono le migliori nel LORO interesse.
Dobbiamo probabilmente ripensare tutto: aprirci all’Europa, cercare alleanze fuori dall’Italia, alzare paletti solidi contro il populismo, contro la demagogia, contro il ritorno ad una concezione tribale e superstiziosa della società, e via così.
Ci aspetta un compito difficilissimo! E non solo per noi.
Mi chiedo ad esempio:
– quando il sindacato farà un salto di qualità superando divisioni antistoriche ed ormai solo ridicole (ma perché abbiamo TRE sindacati maggiori e non uno solo)?
– quando capiremo che non c’è posto per 10 partiti e partitini a sinistra e che sarebbe interesse comune (ma non delle nomenklature, però) convergere su un’unica organizzazione plurale, dove vige la sacrosanta regola che la maggioranza dà la linea e la minoranza l’accetta?
– quando l’Arci e l’Anpi capiranno che non sono presidi politici e roccaforti di potere (ma quale potere, poi?) ma associazioni culturali che dovrebbero convogliare consenso e non dissenso?
– quando capiremo che il mostro è fuori di noi e non vicino a noi?
Vedi, Sergio, a me non basta “schierarmi dalla parte degli umili, degli sfruttati, contro le guerre, contro lo sfruttamento e la dissoluzione del pianeta”.
Alla sinistra non basta schierarsi: deve vincere e cambiare il mondo.
Altrimenti il mondo lo cambiano gli altri, e stiamo vedendo come …!
En marche! (e stavolta lo scrivo convinto, ma proprio convinto, che senza i riformisti francesi, tedeschi e spagnoli non ce la faremo mai!)
Non ho mai pensato che Renzi fosse un infiltrato della destra però sono giunto alla conclusione che sia uno a cui della sinistra non importa proprio nulla, anzi, si è messo con impegno a distruggere quel poco di sinistra che era sopravvissuto alle gestioni dalemiane e affini. Ha distrutto il partito e sembra che adesso ne fonderà un altro, bontà sua. Quando penso agli ideali mi vengono in mente Cuperlo, Fassino, Orlando, Veltroni, Macaluso, Sofri, Livia Turco, Zingaretti, Martina, Minniti, Gentiloni, Pollastrini, Bernie Sanders, tanti. Quando penso a Renzi, Bonifazi, Boschi e al Giglio magico in genere non mi vengono in mente ideali. Questa è una grande differenza. Senza la qualità eccelsa di dirigenti le scelte operative non possono valere molto.
Anch’io ti saluterei con “en marche” ma vorrei sapere prima verso quale orizzonte.
Un abbraccio
Sergio
Vedo che non hai voglia di rispondermi nel merito della questione e mi proponi la formazione dei buoni contrapposta a quella dei cattivi. Dimentichi che tra i buoni ci sono un vicesegretario e quattro ministri (ex) nominati dal capitano dei cattivi: strano caso di conflitto di interessi.
Inoltre Minniti sta tra i buoni, pur essendo tacciato, dai più puri, di connivenza con la destra: ma si sa che a volte i confini sono labili.
Sinceramente non so cosa aggiungere: temo che abbiamo bisogno di un lungo bagno di opposizione per ritrovare un abbozzo di linguaggio comune, malgrado l’indiscussa convergenza sui valori di fondo.
Nel frattempo tu ti godrai il calore dei compagni nelle lunghe sere d’inverno e io, ed altri come me, ci scervelleremo per elaborare possibili piattaforme riformiste, praticabili e convincenti, per tornare al governo.
Speriamo di trovarci da qualche parte, in un giorno di sole …!
Bravo, hai già fatto la separazione. Non sono solo buoni, sento in loro degli ideali che non sento negli altri e, ti ripeto, senza ideali le proposte operative non convincono.
Caro Sergio,
ti è mai capitato un medico che si irritava col paziente quando non guariva? A me sì ed ho cambiato il medico.
L’intellettuale,secondo me, è come il medico e non può irritarsi col cittadino qualunque che chiede la soluzione per il suo problema. La filosofia caro Sergio va benissimo però dopo bisogna calarla nella realtà, altrimenti risulterebbe vero quello che si diceva, quando andavo a scuola, a proposito della suddetta materia e cioè: ‘la filosofia è quella cosa che o con la quale o senza la quale si rimane tale e quale”. Chiedo scusa per l’irritazione, caro Sergio, ma i problemi dei cittadini vanno comunque risolti. Noi vecchi però abbiamo una speranza: i giovani sono più capaci di noi nell’affrontare e risolvere i problemi. Oggi compio 69 anni e vorrei essere in pace con tutti e non fare arrabbiare nessuno. Ci riuscirò? Spero di sì.
Un caro saluto a tutti Antonio De Matteo Milano
69? Sei un bambino! Scusa, lontano da me volerti offendere. Ti ringrazio per l’avermi confidato l’irritazione.
Un abbraccio
Sergio
Ciao Sergio…
ho letto con grande dolore (fecondo) e attenzione il tuo ultimo articolo sul blog (scusa, non ricordo il titolo e non riesco a ricollegarmi mentre scrivo : quello il cui titolo fa riferimento alla metafora dell’albero da parte di di Cuperlo).
Sono d’accordissimo su tutto, e… da tesserato PD non posso che augurarmi che la ricerca di “cos’è sinistra oggi” – sinistra reale, realista, visionaria, profetica, aperta – avvenga partendo dall’interno del partito.
Lo chiedeva allarmato, da Democratica, anche Mario Lavia, oggi, in un articolo intìtolato “Fate presto”.
Non mi rassegno ad un’eutanasia del PD, che mi farebbe ancora più paura, allo stato attuale delle cose. Dobbiamo parlare. Dentro il partito. Ma facendo entrare tutti! Aprire le porte (materialmente, anche!) ai Radicali, alla Comunità di Sant’Egidio -è un esempio – , al mondo del Manifesto. Capire, come si disse nel ’69 in ben altri tempi, che “c’è vita fuori dal partito”, e non commettere l’errore di non ascoltarla. Chiarire e gridare forte, insieme ad altri compagni di cammino, a quotidiani “maestri”, azzardo, di coerenza o sensibilità, i temi della sinistra.
Perchè nessuno urla al governo : cosa vogliamo fare lungo la strada dei diritti LGBTQ?? … lungo la strada che non può fermarsi dell’ascolto delle richieste delle donne? su fine vita e percorso di laicizzazione dello stato? (lo scrìvo da cattolico) .
Ma ancor prima dobbiamo gridarlo a noi stessi… Ancora : chiarire a lettere cubitali che per noi diversità é meraviglia, ricchezza, sempre, e che questo è sinistra! Anche sulla questione dei Rom e Sinti : farne una “bandiera” di nostra diversità.. : cioè non siamo per “tollerare” o “risolvere il problema”, bensì per conoscere, esser curiosi di essi, esser qui per ascoltare le loro storie. Ecco : la sinistra libertaria è questo “non aver paura, ma ‘voglia’ di storie” . La destra è orecchie tappate dalla paura.
Ma dobbìamo gridarlo, sùbito, perchè la gente non ci riconosce per strada : non ci “distinguiamo” come sinistra, ed è terribile!
C’è il “mio” governatore, V. De Luca, che è inudibile, inudibile, ad esempio, ecco, sui rom, per una sensibilità di sinistra. Ma perchè ha la tessera Pd? Per quale oscuro motivo? Ecco… la gente che deve pensare?
Grazie Sergio, con dolore e speranza.
Massimiliano Crocco
Napoli
Ragazzi, dopo la lettura delle risposte alla riflessione di Antonio e la sua risposta, mi convincono sempre di più le parole si Ernesto e vorrei dire a Massimiliano che quando si era al governo ci abbiamo provato con fatica a fare riforme sui diritti civi li e altre.
Purtroppo se vi ricorderete, c’erano al governo con noi chi aveva di tutt’altra idea e si è dovuto mediare, magari al ribasso, ma qualcosa adesso c’è e prima non c’era.
Poi anche al nostro interno c’erano i distinguo su come realizzarle le riforme, ma va da se che la maggioranza del partito era per farle, mentre la minoranza faceva ostruzionismo e minacciava di non votarle.
Ve lo ricordate?
Quindi avanti con le filosofie che dovrebbero essere già metabolizzate dagli uomini e donne della sinistra e la destra governa. Avanti con Cuperlo che è stato anche lui artefice del fallimento del partito, perché poi bisognerà metterci la faccia.
Questo alla minoranza del partito che adesso diventerà maggioranza non lo perdono e vedremo chi sarà il leader che proporrà cose di sinistra.
Repetti Camillo