«Mi sento imbarazzato».
Lei, Sergio Staino, che è non solo combattivo vignettista ma anche partecipe frequentatore della politica, si imbarazza a parlare di candidature per la prossima presidenza regionali?
«Già, perché vengo da una storia antica in cui si veniva anche deferiti ai probiviri se non ne discutevi all’interno delle stanze di partito».
Ma siccome i tempi sono cambiati…
«Ne parlo. Mi stupisce che finora, mentre io sostenevo le primarie di partito nel Pd mi si diceva che si dovevano fare aperte, ora ci troviamo davanti a una candidatura cresciuta senza una discussione preliminare sul territorio di cosa ne vogliamo fare della Toscana, e siamo arrivati addirittura a prospettare il pericolo di fare le primarie. Mi si dice che ormai è fatta ma non capisco come e dove sia stata fatta».
Allude a Eugenio Giani?
«Vorrei chiarire subito che non mi muove l’antipatia per la persona.
Al contrario, stimo Giani. Il problema è diverso. Lo considero persona cortese e molto onesta, ambedue caratteristiche difficili da trovarsi in questo momento.
Rappresenta una figura ormai storica che però mi sembra superata per offrirla a tutte le forze sociali che vogliono un rinnovamento, una serie di indicazioni e atteggiamenti che rompano con il passato e suscitino entusiasmo. Stiamo assistendo a una voglia di rinascita della partecipazione, di tornare a fare politica, di superare l’egoismo diffuso e gli si offre un politico sbiadito?».
Ha un’alternativa?
«Qualcuno che sia espressione delle forze nuove formatesi sul territorio. Il partito è più ampio dei soliti dirigenti storici. Ci sono per esempio tanti giovani amministratori locali che hanno idee chiare e esperienza. Ora che balena la voglia di tornare al voto che emozioni può dare Giani come chiunque altro della nomenclatura? La sensazione è che lo si sia scelto come compromesso dentro il partito per poi dividersi nella gestione del governo della regione. Ma che razza di partito siamo se non riusciamo a riconoscere i germogli nati dal nostro lavoro sul territorio?».
Ha dei nomi in testa?
«Io vivo nell’area fiorentina e se mi rivolgo verso giovani sindaci con idee, mi vengono in mente, per esempio, Emiliano Fossi a Campi o Brenda Barnini a Empoli. Ma chissà quanti altri ce ne sono anche nelle altre provincie. Basta guardarsi intorno con la prospettiva di coinvolgere il nuovo e studiare un orizzonte senza giocare al ribasso in nome di un’unità che è un mediocre compromesso».
Lei, Sergio Staino, che è non solo combattivo vignettista ma anche partecipe frequentatore della politica, si imbarazza a parlare di candidature per la prossima presidenza regionali?
«Già, perché vengo da una storia antica in cui si veniva anche deferiti ai probiviri se non ne discutevi all’interno delle stanze di partito».
Ma siccome i tempi sono cambiati…
«Ne parlo. Mi stupisce che finora, mentre io sostenevo le primarie di partito nel Pd mi si diceva che si dovevano fare aperte, ora ci troviamo davanti a una candidatura cresciuta senza una discussione preliminare sul territorio di cosa ne vogliamo fare della Toscana, e siamo arrivati addirittura a prospettare il pericolo di fare le primarie. Mi si dice che ormai è fatta ma non capisco come e dove sia stata fatta».
Allude a Eugenio Giani?
«Vorrei chiarire subito che non mi muove l’antipatia per la persona.
Al contrario, stimo Giani. Il problema è diverso. Lo considero persona cortese e molto onesta, ambedue caratteristiche difficili da trovarsi in questo momento.
Rappresenta una figura ormai storica che però mi sembra superata per offrirla a tutte le forze sociali che vogliono un rinnovamento, una serie di indicazioni e atteggiamenti che rompano con il passato e suscitino entusiasmo. Stiamo assistendo a una voglia di rinascita della partecipazione, di tornare a fare politica, di superare l’egoismo diffuso e gli si offre un politico sbiadito?».
Ha un’alternativa?
«Qualcuno che sia espressione delle forze nuove formatesi sul territorio. Il partito è più ampio dei soliti dirigenti storici. Ci sono per esempio tanti giovani amministratori locali che hanno idee chiare e esperienza. Ora che balena la voglia di tornare al voto che emozioni può dare Giani come chiunque altro della nomenclatura? La sensazione è che lo si sia scelto come compromesso dentro il partito per poi dividersi nella gestione del governo della regione. Ma che razza di partito siamo se non riusciamo a riconoscere i germogli nati dal nostro lavoro sul territorio?».
Ha dei nomi in testa?
«Io vivo nell’area fiorentina e se mi rivolgo verso giovani sindaci con idee, mi vengono in mente, per esempio, Emiliano Fossi a Campi o Brenda Barnini a Empoli. Ma chissà quanti altri ce ne sono anche nelle altre provincie. Basta guardarsi intorno con la prospettiva di coinvolgere il nuovo e studiare un orizzonte senza giocare al ribasso in nome di un’unità che è un mediocre compromesso».
Ilaria Ciuti, la Repubblica Firenze, 15 dicembre 2019
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Carissimo Sergio,
riguardo le elezioni regionali, spero veramente che il Giani si candidi in una lista autonoma se no perderemo anche la Toscana: lui è improponibile per il PD.
Cercate di fare di tutto perché il PD non lo proponga e non lo candidi in nessun modo.
In quanto a lui, si metta il suo ridicolo costume da bagno, si faccia pure una bella nuotata in Arno ma esca di scena definitivamente, please.
Un augurio affettuoso per le feste
Liana Carnevali
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