Caro Sergio,
ho letto anch’io la tua intervista a “Il Dubbio” e ti dico con franchezza: “Tu la fai facile!”
La nostra (intendo quella della sinistra occidentale) crisi va molto aldilà del problema territoriale.
Rendiamoci conto che nessun partito ha e può avere oggi il radicamento che avevamo noi (o la DC con le parrocchie) nel secolo scorso. Il mondo è diverso, diversi sono i modi di rapportarsi con le persone. Puoi andare nei mercati e fare i banchetti, ma sono fondamentali il CONTENUTO e la diffusione del messaggio.
I nostri avversari NON hanno case del popolo, NON hanno circoli fisici, né luoghi di ritrovo organizzati; eppure il loro messaggio passa, eccome se passa.
Passa sulla rete, passa sui media, spesso compiacenti ed interessati a descrivere SOLO situazioni di disagio, di crisi, di emarginazione ed esclusione, passa nell’umore che il popolo si forma giorno dopo giorno.
Abbiamo perso milioni di voti e non sono solo disoccupati, esclusi ecc.! È gente “normale”.
Abbiamo governato (e anche BENE!) e questo ci ha fatto diventare, com’era anche naturale, il bersaglio di tutti.
Non è bastato. Abbiamo comunicato, forse male, siamo andati tra la gente né più né meno degli altri, a mio parere. Ciononostante, abbiamo perso di brutto.
Allora dobbiamo fermarci a ragionare su parecchi punti:
- L’immagine invereconda che abbiamo fornito con le nostre perenni incertezze, discussioni e spaccature conseguenti: questo infastidisce e deprime noi, figuriamoci chi sta fuori dal Partito e dintorni e si informa alla televisione!
- Il disagio che abbiamo creato all’establishment tutto (dal sindacato alle banche) con la nostra giusta smania di riforme: bisognava farle e le abbiamo fatte, malgrado loro! E l’unica, la più importante, quella istituzionale, che potevano stopparci, l’hanno fatto con molta solerzia, e con il determinante aiuto interno, non dimentichiamolo.
- Il contenuto del messaggio che abbiamo fornito. Forse ha ragione Calenda: troppa fiducia un po’ cieca nel futuro, poca comprensione della legittima paura, che comunque alberga in tanti cittadini, a torto o a ragione, poca attenzione alla necessità inveterata di assistenza, presente in molte parti del territorio nazionale, specie al sud.
- Il controllo delle strutture sul territorio: noi dovremmo, dobbiamo, essere rigidissimi con chi non è più che limpido. La nostra forza dovrebbe essere l’esempio dato dai dirigenti, non solo quelli nazionali, che sono più che rispettabili oltreché capaci, ma soprattutto quelli locali, che non sempre lo sono. Il famoso lanciafiamme di Renzi purtroppo non è mai stato usato davvero, e ce ne sarebbe stato bisogno.
- I nostri rapporti coi media: siamo quasi sempre in soggezione, ci difendiamo, ne abbiamo paura. Ora basta! Se devono volare dei “vaffa”, che volino! Se ci tirano dentro a discorsi che giudichiamo impropri, lo diciamo, ci alziamo e ce ne andiamo. Questo, dall’opposizione, viene anche meglio. Cito ad esempio recente l’incredibile, direi minaccioso, interrogatorio, altro che intervista, a Calenda svolto mercoledì sera da Gruber e Damilano.
- La capacità di creare e mantenere ampio coinvolgimento ed aspettative positive su larghi strati della popolazione influente. È qualcosa che sappiamo fare, c’è riuscito parecchie volte: lo strappo di Occhetto, l’Ulivo di Prodi, il primo PD di Veltroni, il nuovo PD di Renzi delle europee, tutte occasioni in cui abbiamo creato coinvolgimento amplissimo e aspettative fortissime. Peccato che abbiamo SEMPRE rovinato tutto. E lo abbiamo fatto NOI, non gli avversari politici. Nessuno di quei momenti è stato sconfitto sul campo. Siamo sempre stati noi, con il nostro demone maledetto, a preparare la disfatta. È ora di prenderne atto e fare davvero autocritica.
- La necessità di fare “scouting” di risorse giovani e preparate, trentenni cresciuti fuori dai nostri schemi, che siano determinati ed anche poco rispettosi delle liturgie.
Non voglio andare oltre ed annoiare; anzi mi scuso per la lunghezza.
Ho solo buttato giù qualche spunto di dibattito, qualche suggerimento. Mi piacerebbe leggere integrazioni e commenti, ma che siano laici, spassionati, scevri da pregiudizi, mirati all’obbiettivo di ricreare subito una forza di governo alternativa e credibile.
E mi auguro che al congresso si presentino forze fresche, aria nuova, facce nuove, non i soliti pur degnissimi maggiorenti. Mi dispiace dirlo, ma da questa situazione non ci tireranno fuori Franceschini, Del Rio, Veltroni, Fassino, Minniti, Orlando, Cuperlo, …
Nulla contro di loro, per carità, ma serve altro. Serve leadership, vera e riconosciuta da tutto il Partito.
Come disse Nanni Moretti già nel 2002, sembra un secolo fa.
Sempre con affetto,
Ernesto Trotta
Caro Ernesto,
mi sembra che tu faccia il salto della quaglia. Dove lo trovi un gruppo dirigente più giovane di quelli che tu definisci “maggiorenti”? Chi lo ha formato? Dove si è formato? I giovani che arrivano a noi arrivano con le stesse motivazioni di chi si iscrive alle parlamentarie dei grillini (vedere se può trovare qualche posto nell’amministrazione statale per sbarcare il lunario). Chi ha passione, chi ha voglia di cambiare le cose tra questi giovani, è molto raro che si iscriva al PD, preferisce gruppi estremisti inutili, forse, ma che comunque gli offrono degli ideali. Non abbiamo fatto nulla per educarli, non abbiamo fatto nulla all’epoca dei D’Alema e dei Bersani e poi, con Renzi, abbiamo fatto di peggio, abbiamo affidato tutto all’immagine, alla parola d’ordine improvvisata e cangiante, al tweet effimero, ai siti telematici nati morti.
Quando parlo di territorio intendo un’azione politica su e nel territorio. Io vedo i miei amici e compagni e i tanti bravi e sodali cittadini ad esempio di Lastra a Signa, abbandonati a se stessi dal partito. C’è la crisi del lavoro, i loro figli non vedono prospettive, ci sono migranti seduti sugli scalini delle piazze con smartphone (magari vecchi e riciclati ma che la fantasia popolare immagina costosi) in mano, ci sono stranieri che entrano ad ogni ora nelle case rubando e arraffando quel che possono, di giorno e di notte, è tutto un fiorire di inferriate, ci sono ragazzi inquieti pieni di voglia che si mettono insieme per fare una rivista di dibattito culturale e quando gli parli di politica si inorridiscono e scappano via.
Quando dico “territorio” dico “lavorare stabilmente sul territorio”. Ad esempio, pensa ai migranti: dall’oggi al domani piove attraverso una trafila burocratica e amministrativa un gruppo di profughi nel paese. Chi sono? Chi li conosce? Perché li mandano qui? Qualcuno ne ha discusso con i cittadini? Abbiamo concordato qualcosa? No, nulla. Ecco allora che c’è bisogno del partito. Il partito deve discutere e concordare con le amministrazioni e la prefettura questa immissione di nuova gente e verificare che l’assegnazione degli alloggi non urti con altre priorità dei residenti e comunque spiegare bene i motivi delle scelte. Non solo, deve anche seguire questi profughi gestendo il contatto con la popolazione, fare assemblee, presentarli ai nostri concittadini, portarli nelle scuole, far raccontare loro da dove vengono, com’è il loro paese, che peripezie hanno attraversato per arrivare fino a noi. Far conoscenza, far amicizia, motivarli affinché se c’è qualche delinquente fra di loro essi siano i primi a segnalarlo. Fare un lavoro politico attivando anche il fronte della sofferenza gestito dalla chiesa. Dove si fa questo? A Riace, forse, ma mi sembra addirittura che il sindaco poi sia stato perseguitato per questo. Allora è chiaro che la vecchia compagna che vota a sinistra da una vita e suo nipote che la considera una povera illusa si ritrovano insieme a non andare a votare o a votare grillino, oppure, consigliati da un amico, magari della CGIL, a votare Lega.
Tu, Ernesto, quando parli dei meriti di Renzi citi solo (dico “solo” anche se è tanto) meriti governativi e ti dispiaci che questi meriti non siano stati capiti ma non si possono far capire, non è una questione di bravura propagandistica. Questi meriti li puoi far capire solo se conquisti nuovamente la fiducia delle masse popolari (perdonami questa locuzione antica ma per me sempre valida) lavorando sul territorio. O creiamo una nuova schiera di missionari disposti a mettere i loro interessi personali dietro a quelli collettivi e a lavorare per una vera giustizia sociale o non possiamo avere futuro. Presenza nel territorio, fare scuole di partito, fare incontri, rimettere in piedi un quotidiano o comunque un periodico che racconti queste esperienze, che crei identità culturale, cioè tutte quelle cose che Renzi non solo non ha voluto fare ma che dove c’erano ha distrutto.
Baci e abbracci
Sergio
6 Comments
Il 09/03/2018 12:28, Ernesto Trotta ha scritto:
Ma santo dio, Sergio, lascia perdere per un attimo le malefatte di Renzi e pensiamo al futuro prossimo.
Spingo tanto sulla parte governativa solo perché ritengo che sia quella la ragione sociale di un partito di sinistra che vuole cambiare lo stato delle cose.
O governi o non conti nulla.
Tutto quello che tu dici va benissimo, ci mancherebbe, ma mi pare che la visione che offri sia un po’ favolistica.
Sul territorio ci sono già i Comuni, le città metropolitane, le circoscrizioni, istituzioni che devono dare servizi ai cittadini, tutti i cittadini, nostri, immigrati, belli e brutti.
E di queste realtà ne gestiamo (bene) a migliaia.
I missionari ce li ha (aveva) la Chiesa, spinti dalla fede e comunque pure pagati.
Il mondo di oggi mi pare un po’ diverso.
Tutte le iniziative dal basso sono utili e ben accette, figurati, ma come ti immagini un Partito moderno a gestire sistematicamente una tale gigantesca massa di rapporti?
Quanta genti dovresti mobilitare? E pure controllare per bene, per evitare infiltrazioni ambigue o pericolose?
E nel frattempo devi governare gli enti locali e possibilmente anche quelli nazionali.
Non è solo difficile, è difficilissimo.
Non facciamo poesia: oggi non puoi prescindere dalla rete, dai social, dalla comunicazione di massa, dai nuovi luoghi di ritrovo e, ripeto, M5S e Lega non hanno preso quasi 20 milioni di voti coi missionari.
Li hanno presi offrendo un’illusione, fallace, un modello di comportamento, anche la cattiveria, come dice Saviano, ma era quello che molta gente cercava.
Noi dobbiamo dare modelli diversi, i nostri, ed esempi diversi, più costruttivi.
Immaginare una rete infinita e capillare sul territorio è certamente affascinante, ma poi devi fare i conti con le disponibilità concrete della gente, con le sedi fisiche, con il budget.
Ma davvero pensi che un giornale da venti o trentamila copie possa cambiare la situazione?
Il sito di Repubblica ha fatto oltre 12 milioni di contatti solo la sera delle elezioni.
Vuoi uccidere il drago con la fionda, anzi con le palline di pane?
Per questo ti ripeto che la fai facile. La realtà è purtroppo molto più complessa e noi dobbiamo attrezzarci a gestirla con gli strumenti del nostro millennio.
Un sito internet funziona se dietro ha una faccia, un progetto, un’idea, una massa critica di dirigenti convinti e motivati, non un manipolo di comari bercianti e litigiose.
Credimi, riflettiamo sull’immagine che abbiamo fornito, non solo adesso, ma anche nel 2016 (referendum), nel 2013 (Bersani), nel 2009 (Veltroni), nel 2008 e nel 1998 (Prodi), e via così.
È stata DEVASTANTE.
La gente vede e giudica: e, in queste condizioni, se vede un missionario, forse lo manda a fanculo.
Guardiamoci dentro, guardiamo come siamo fatti, definiamo una volta per tutte un processo davvero condiviso, un progetto credibile, e poi metodo, raziocinio, costanza di obbiettivi, e vedrai che la gente tornerà.
Abbiamo la fortuna che il nostro tempo è molto mutevole e che i sentimenti possono cambiare in fretta. Non servono dieci anni. Ne bastano uno o due, ma fitti di cose e messaggi, studiati ed efficaci.
Dobbiamo essere ed apparire una corazzata, non un gruppetto di canoe piene di indigeni vocianti.
Le idee non ci mancano, la cultura neppure, crediamoci. Adesso siamo in piena crisi di autostima, ma solo in questi momenti si trovano le ragioni per andare avanti e risorgere.
Qualsiasi buon allenatore lo sa. Cerchiamone uno bravo.
Ernesto
Da: Sergio Staino
Inviato: venerdì 9 marzo 2018 12:46
A: Ernesto Trotta
C’è un cinismo in tutto quello che stai scrivendo, Ernesto, che mi meraviglia molto. Se questo è il partito che immagini, non è il mio partito, e mi sembra anche giusto che perda e si dissolva come succederà se continuiamo a seguire il gruppetto di Renzi. I missionari ci sono e sono belli e tanti, te ne dico un po’ per tutti: Luigi Manconi, una persona da sempre dedita al miglioramento delle condizioni materiali e culturali dei più umili che ha raggiunto obiettivi importanti sul piano della legislazione e sul piano della diffusione di idee umanitarie, progressiste e solidali. E’ stato il primo ad essere escluso dalle nostre liste, preferito a tanti opportunisti voltagabbana (potrei fartene una lista enorme). Solo all’ultimo, per fini esclusivamente elettorali, in una situazione perdente come quella napoletana abbiamo scoperto i Paolo Siani e i Marco Rossi Doria. Quale ruolo gli abbiamo mai dato nei ranghi del nostro partito? Zero.
O il nostro partito ritrova un cuore collettivo che si muove all’unisono o è meglio starsene a casa. Renzi ha aperto le porte agli egoismi più piccoli, di piccoli ras locali, di giovani in cerca di uno stipendio in cambio di ubbidienza cieca e tu mi difendi tutto questo? Mi ripeti la solfa “non stiamo a litigare tra di noi ma pancia a terra lavoriamo”? Lavoriamo cosa? Su che analisi della realtà? Su che prospettive nazionali, europee e mondiali? Con quali alleanze? Con quali obiettivi attuali e futuri? Con quale progetto di vita? Il giocattolo si è rotto, Ernesto, Matteo è arrivato al capolinea e vuole portare al capolinea anche il partito. Dobbiamo puntare sui dirigenti più seri per cambiare rotta e soprattutto per cambiare metodo in modo da valorizzare quell’enorme capitale umano che ancora sopravvive nei territori a cui tu guardi con disprezzo. E non c’è bisogno di cercarli fuori, ne abbiamo tanti di bravi in direzione.
Sergio
Il 09/03/2018 13:07, Ernesto Trotta ha scritto:
Vero Sergio, in questo momento abbiamo visioni molto diverse della situazione.
Il tempo dirà chi aveva visto più giusto.
Ti dico solo che Siani e Rossi Doria sono appunto esterni che si sono avvicinati al PD, malgrado tutto. E così Calenda.
Ho addirittura auspicato Saviano, che non è in cima alle mie simpatie. Bene anche Zingaretti.
E poi, non mi interessa se peschiamo dentro o fuori.
Mi interessa invece rimettere in piedi una squadra che vince e che non stia troppo tempo a leccarsi le ferite.
Ti sembrerà semplicistico, cinico, ma l’interesse del Paese è più importante delle nostre sensibilità.
Questo Paese deve migliorare, e in fretta, per il bene di tutti, soprattutto di chi non se la passa bene.
E deve usare tutte le risorse utili e disponibili, purché condividano con onestà l’obbiettivo.
Chissà come la vedono i nostri amici del blog.
Tu stai correttamente fornendo un’ampia panoramica di posizioni, che non può che farci bene.
Diceva un mio vecchio capo: nei processi decisionali corretti, prima si diverge, anche tanto, poi si raccoglie e si deve convergere, per chiudere sull’obbiettivo.
Siamo ancora chiaramente nella prima fase.
Ernesto
Il 09/03/2018 15:46, Sergio Staino ha scritto:
Mi piace discutere con te e mi piace accalorarmi. Ho parlato con il segretario PD della mia Scandicci Fausto Merlotti, è uno che lavora molto e non è un caso che qui da noi la caduta è stata contenuta. Bisognerebbe valorizzare questi compagni. Invece anche lui mi ha detto con grande sincerità: “sai, ho fissato la segreteria e la direzione e cercheremo di confrontarci sull’analisi del voto, anche se, ha aggiunto con tristezza, chi vuoi che ci ascolti?”. Ecco, io vorrei un partito in cui un segretario non senta il bisogno di dire questo perché è ovvio che anche la voce dell’ultimo compagno arriverà al Nazareno. E non è utopia, basta volerlo seriamente.
Sergio
Non vorrei che questo blog diventasse un dialogo tra sordi, e soprattutto che i peones come me si sentissero in soggezione ad inserirsi per dire la loro tra due personalità di spessore culturale e politico come Staino e Trotta. Comunque ci provo, Io sono iscritto al PD e nel mio circolo di Besana in Brianza sono 81 con la tessera, bene quando il segretario convoca la direzione sempre allargata a tutti per evitare che si dica che sono sempre i soliti o, peggio, ma nessuno ci ha mai chiamato!, ecco quando va bene siamo in cinque e sempre quelli. Quando invitiamo ad attivarsi per fare un banchetto o per distribuire i volantini porta porta non dico che fatica facciamo a trovare chi ci dia una mano. Allora mi chiedo come possiamo fare per far entusiasmare gli amici e compagni, la sola azione amministrativa svolta dal nostro sindaco in maniera egregia purtroppo mi rendo conto che non è sufficiente a scaldare gli animi. Le persone pensano che sei lì proprio per fare questo, che lo faccia tu o un altro è lo stesso. Io invece penso che no non è lo stesso, ed è questo che dobbiamo cercare di far capire, se c’è un democratico è molto diverso da un leghista o da un grillino, solo che con la cultura dominante del nostro tempo nessuno più è disposto a rinunciare a qualche cosa per favorire il bene comune, chi lo fa è considerato un sognatore se non un matto. Ecco io credo che è proprio questo che dobbiamo fare, proporre sogni da realizzare a costo di essere scambiati per matti.
Mi piace questo tuo intervento, Marco. Proprio di sogni abbiamo bisogno, per scaldarci il cuore e dare nutrimento al cervello. Credo che il banchetto a cui tu ti riferisci sia qualcosa di umanamente più efficace di molti tweet però dubito molto ugualmente della sua utilità. In questo momento noi abbiamo bisogno di iniziative politiche e culturali, in tutti i territori. Iniziative, anche se piccole, ma che siano legate alla creatività culturale e politica della nostra gente e che ne stimoli la voglia di partecipazione. Bisogna farsi venire idee e tampinare gli amministratori perché ci aiutino a realizzarle. Concerti, presentazioni di libri, cineforum, interventi nelle scuole, appuntamenti culturali, naturalmente freschi, innovativi, interessanti. Qui a Scandicci da alcuni anni il Comune organizza una serie di incontri dedicati al “Libro della Vita”. Personalità della politica e della cultura raccontano qual è il libro che gli ha cambiato la vita. Gli incontri vengono fatti la domenica mattina alle 11 nell’auditorium della nostra cittadina. Io non credo ai miei occhi quando arrivo lì e vedo 500 persone assiepate ad ascoltare con interesse ed entusiasmo queste vere e proprie lezioni mentre fuori altre decine di persone arrivate un po’ in ritardo non riescono ad entrare per esaurimento dei posti. E’ diventata una vera messa laica, finita la quale si rimane a discutere, a commentare, a salutarci, a conoscerci. Se in queste ultime elezioni Scandicci è uno dei comuni meno colpiti dalla crisi del PD, sicuramente un contributo importante è venuto anche da questa iniziativa, così come dall’attività della condotta Slow Food, dei circoli sportivi, del cineforum “Gli amici del Cabiria”, delle attività del Cui-I ragazzi del sole etc. Bisogna moltiplicarle, inventarne altre, usando tutto, dallo sport alla canzone, alla sanità, all’assistenza. L’importante è stimolare la partecipazione, come ci insegnava Gaber. Io vorrei un partito che fa questo e vorrei un segretario che stimola e premia questa attività, e dirigenti che sappiano combinare bene tutto questo.
Hai ragione Marco, è quasi demoralizzante inserirsi tra Ernesto e Sergio, ma anche io ci provo con alcune riflessioni terra-terra.
Sergio, per favore basta con Renzi, sta diventando un alibi per tanti.
L’abbiamo capito che ti sta sulle balle, ma adesso basta e guardiamo avanti, come dice Ernesto, con nuove facce, se ci sono, altrimenti anche le vecchie vanno bene.
Caro Sergio, sapessi quanto mi brucia non avere più l’Unità tra le mani, l’ho scritto anche a Renzi, che non mi ha risposto e pazienza, ma credo che ci fossero situazioni non percorribili, ma tu non parli mai di Democratica, faresti meglio a concorrere a divulgarla almeno tra noi, per il momento. Poi magari si riaprirà l’Unità cartacea.
Poi dici delle scuole di partito, forse ti sei distratto, ma una scuola l’ha aperta Renzi con decine di giovani interessati.
Poi non so quanti di questi giovani diventeranno dirigenti, ma tant’è che ci si è provato.
Stamattina ho risposto a una lettera di Barbara Pollastrini molto lucida e condivisibile che guardava avanti e di cui sono d’accordo.
Quindi ragazzi leggere botta e risposta di Sergio e Ernesto, non ci può fare che bene.
Avanti così.
ciao
Camillo Repetti
Caro Sergio, mi inserisco pure io in questo carteggio anche se sono l’ultima ruota della carrozza, ma sono d’accordo che “scambiarsi opinioni è sempre utile e arricchente”, anche se le idee, come nel mio caso, sono piuttosto confuse. Il mio circolo Palermo futura ha promosso sabato un incontro aperto per discutere il da farsi – nel nostro piccolo – parecchio seguito e con interessanti contributi, ma di giovani sotto i 30 neanche l’ombra.
Anche noi abbiamo auspicato dialogo, unità, interventi sul territorio, cambio della classe dirigente e “cose di sinistra”, ma resta il rebus come operare e con chi, considerando che scarseggiano quelli che tu chiami “missionari” con tutto quel che segue, sedi, tempo, risorse umane ed economiche, e perfino ascolto dall’alto (i dirigenti, ben che vada, ti battono la mano sulla spalla e poi addio) e dal basso (smontare certi luoghi comuni, “il Pd non ha fatto cose di sinistra, ha rovinato la scuola, il lavoro, il Paese …” è da missionari votati al martirio).
Insomma, la vedo dura ma ciò non toglie che bisogna re-agire per non morire ma anche qui le opinioni divergono, per trovare la famosa quadra bisogna raccoglierne il più possibile, quindi sedimentarle, scremarle e riflettere sugli obiettivi che ci si pone per tornare a dare indirizzi “di sinistra” ad una società frastornata e incerta, talvolta combattuta fra la solidarietà verso i deboli e la ricerca della propria sussistenza. Cosa deve privilegiare una politica di sinistra, nel nostro tempo liquido e con una società tanto composita?
Difficile a dirsi ma a questo proposito debbo dirti che certa sinistra radicale appare velleitaria alla gente alle prese con paure, povertà, insicurezza. Come pensi che l’abbiano presa anche a sinistra la proposta del pur lodevole Manconi per LeU di abolire il 41 bis, come se fosse una cosa urgente e prioritaria “dare dignità” a feroci assassini pure di bambini? Per quel che mi riguarda, non sono di sinistra fino a quel punto e neppure cattolica dal perdono facile.
E come gli viene in mente a Del Rio di sbandierare il ponte sullo Stretto come il peggiore Berlusca, in una regione priva di strade e di treni decenti? Voglio una politica di sinistra, ma seria, affidabile, informata dei fatti che sconvolgono il mondo e l’ambiente, e che proponga soluzioni fattibili suffragate da Scienza e Buonsenso. Mi fermo qui per non intasare il blog.
In merito al sostegno ai five stars, qui siamo dell’idea di lasciare che dimostrino quel che sanno fare e aspettare che l’elettorato si rivolti contro, in caso di débâcle, come ha fatto con il Pd “traditore”.
Cari saluti a te e anche ai potenziali lettori di tanto sproloquio, Rosanna
Bè, la lotta contro il 41 bis fa parte della lotta per i diritti della persona sanciti dalla Costituzione. Sta a noi spiegare con attenzione che non esiste nessun rapporto fra questo orrido codicillo e la diffusione della criminalità. Al contrario, esso contraddice il tentativo civile di recuperare il delinquente alla società a meno di non rinnegare Beccaria.
Un grande bacio