Sergio Staino, come voterà al referendum?
“No. E spero che lo facciano in tanti. Non è una riforma. È soltanto un taglio demagogico per compiacere la pancia del Paese. È Franceschiello che getta la farina al popolo, il popolo esulta, ma poi il giorno dopo si ripresenta con la stessa fame”.
Zingaretti ha detto che il Sì è il primo passo per avviare un processo riformatore.
“È soltanto una formula vuota. Una di quelle che cose che i politici ripetono in continuazione”.
Non gli crede?
“Vede, trovo una grande stupidaggine votare Sì perché non risolve alcun problema, non opera alcun risparmio. Noi del Pd veniamo dalla Dc e dal Pci, le culture migliori del Novecento, la nostra storia è diversa da questa furia populista che sta dietro il Sì. Perciò dovevamo schierarci per il No, o al massimo lasciare libertà di voto”.
Cosa gli rimprovera?
“Dimentica che la Dc e il Pci hanno trasmesso il senso delle istituzioni a milioni di diseredati. Quest’opera pedagogica nei confronti delle masse popolari, su cui si sono tanto spesi i socialisti dell’Ottocento, dal 1921 è stata la caratteristica dei partiti di massa. Senza questa operazione non avremmo avuto una Costituzione così lungimirante”.
Il Pd ha perso la sua funzione pedagogica?
“Sì, così si torna a Barabba. Dai fiato al populismo più becero. Stanno distruggendo la democrazia in Italia, e noi ne siamo complici”.
Non sono parole troppo pesanti?
“Non ne trovo altre. Voglio bene a Zingaretti, è il mio segretario, ma come fa a dire che “Di Maio è bravo e ci si può fidare?”. Ma chi è Di Maio? L’ultima ruota della storia. Uno che tra cinque anni sarà inghiottito dal nulla”.
È una riforma che avrà un solo vincitore?
“Ma certo. E non sarà il Pd. Di Maio-Masaniello salirà sulla terrazza di palazzo Chigi e potrà gridare: “Abbiamo vinto contro la casta!” Ma la vera casta sono loro”.
Dario Franceschini ha detto che il Sì è un voto che stabilizza il governo. Non è una ragione valida?
“Ma il governo non cadrà se vince il No. I grillini non apriranno nessuna crisi. Suvvia! Ma dove devono andare? Se andiamo a elezioni non prenderebbero più un voto”.
Zingaretti è mosso da realismo.
“Si fa influenzare da Goffredo Bettini. Lo sanno in tanti a Roma che suggerisce tutto Bettini, a cominciare dall’alleanza con i Cinquestelle, che Zingaretti non voleva”.
Bettini, il Richelieu del Nazareno?
“Sì, lui tira le fila. Un giovane come può entusiasmarsi del Pd con una classe dirigente così tesa al quieto vivere? Basta guardare le sardine come sono ammutolite”.
Lei come votò nel 2016, al referendum costituzionale di Renzi?
“Votai un Sì convinto. Ma quella era una proposta giusta, perché aboliva una delle due Camere, peraltro del tutto inutile ormai. Ma tagliare i parlamentari è un altro colpo di piccone al Parlamento, alla democrazia. Perderemo credibilità”.
Cosa le dice la gente?
“Il ceto medio alto voterà per il No, il popolo delle periferie, quello che noi abbiamo consegnato alla Lega, per il Sì. Il partito dovrebbe ascoltare figure sagge come Emanuele Macaluso, o riflessive come Gianni Cuperlo”.
Come finisce in Toscana?
“Se Giani vince è un miracolo. E sarà merito dei nostri elettori, che hanno ancora un senso della storia e della politica”.
Lei lo voterà?
“Ovvio, lo voto e lo sostengo. È una brava persona, seria, ma non è l’uomo giusto. Abbiamo fatto di tutto per perdere. Giani non l’ha scelto nessuno. È stato imposto senza primarie”.
Lei chi avrebbe scelto?
“L’assessore Stefania Saccardi, che è renziana, molto brava, o la segretaria regionale Simona Bonafé. Oppure avrei puntato su un sindaco: ce ne sono di giovani e di validi”.
Se Giani perde che succede?
“Cade tutto. Massimo D’Alema nel 2000 si dimise da presidente del Consiglio per avere perso le Regionali”.
Zingaretti dovrà dimettersi?
“Penso proprio di sì”.
Concetto Vecchio, la Repubblica, 9 settembre 2020
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