La vittoria del centro-sinistra (trattino cossighiano) in Emilia Romagna è certamente un buon risultato se si considera il profilo aggressivo dell’avversario. Ma non dovrebbe, a mio giudizio, essere visto come il modello cui ispirarsi. In queste elezioni l’egemonia culturale è stata infatti totalmente salviniana. Da una parte, il modello (semplicisticamente e superficialmente) detto “sovranista”, incarnato da Lega e FdI; dall’altro l’opposizione (più “civile” che politica) a tale modello, in nome di principi generali (antirazzismo, antifascismo), certo sacrosanti (ci mancherebbe!) ma che non sono in sé una linea politica (si può essere antirazzisti e antifascisti a sinistra, al centro e a destra. Si può essere antirazzisti e antifascisti e aver posizioni opposte e magari inconciliabili su moltissimi temi). In sostanza, le elezioni sono state un referendum: con o contro Salvini. Le famose sardine mobilitano l’elettorato anti-salviniano (indubbio: le mappe dell’affluenza parlano chiaro), accentuando il sentimento di emergenza democratica, il “richiamo alle armi”, ma anche l’idea che la politica non sia confrontarsi su temi precisi e scelte, in un quadro regolato dalle istituzioni democratiche, ma, religiosamente, un “liberarsi dal male”.
Il PD dovrebbe, a mio parere, approfittare di questo piccolo momento di gloria per sfuggire a questa tentazione anti-politica, e provare a darsi una linea (lavoro, ambiente e territorio, istruzione, giustizia, diritti civili, politica internazionale: i temi su cui esercitarsi non mancano) invece di continuare a proporsi solo come “partito-istituzione”, (Democrazia Cristiana 2.0) che esiste esclusivamente come mediatore di posizioni altrui (vedi il balletto sulla prescrizione, i decreti sicurezza, etc). Il PD ha il diritto, direi anzi il dovere, di provare a esprimere linee e posizioni autonome, e conquistare il consenso degli elettori non solo come “anti-qualcosa”, ma anche come soggetto politico autonomo.
Maurizio Puppo
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