Caro compagno Sergio,
La notizia ha spiazzato un po’ tutti, in senso buono. Gli affezionati sembravano destinati a rimanere impotenti a vedere chi si sarebbe accaparrata all’asta la testata per la modica cifra di 300mila euro. Modica, perché con tutto il capitale immateriale che sta dietro a 93 anni di storia, diventato poi materiale e digitale con uno dei pochi archivi consultabili senza iscrizioni o altre restrizioni, è una cifra un po’ così.
Nel frattempo pensi se in tutta quella che si definisce sinistra (da Marco Rizzo ai moderati del centrosinistra, passando per Partito Democratico e Liberi e Uguali) nessuno abbia mai pensato di mettersi in gioco almeno per non far cadere nel dimenticatoio del primo offerente. Per il PD si sarebbe trattato, per dire, di neanche un euro per militante.
Poi si viene a sapere di colpo che l’editore ha ripagato la maggior parte dei debiti verso i lavoratori con conseguente ritiro dell’asta. E che ‘l’Unità’, per un altro giorno, per evitare la decadenza della testata dopo un anno dalla cessazione delle pubblicazioni così come da art. 8 l. 47/1948, sarebbe tornata a fianco degli altri giornali del mattino. Anche se solo in 8mila copie e distribuite nelle sole città di Milano e Roma, quanto basta per rispettare il requisito legale.
È così che ti ritrovi a programmare la tua giornata universitaria a Milano per procurarti delle copie per te e per chi te le ha chieste: mappando le edicole lungo la tua tratta abitudinaria in metro e prendendo il treno in anticipo per guadagnare un’ora di vantaggio sulla conferenza accademica cui non puoi non partecipare. Ed è così che ti ritrovi ancora a chiedere se c’è ‘l’Unità’. E diventi pure un po’ più ottimista, perché pensavi venisse a costare più di un euro e quindi, a parità di budget messo da parte, potrai accaparrarti qualcosa in più.
Fai così in tempo ad arrivare alla conferenza avendo soddisfatto quasi tutte le richieste che ti sono arrivate lungo la mattina, promettendoti poi di ricominciare la caccia nel pomeriggio una volta finite le lezioni. Nel frattempo sbirci la prima pagina: ti sembra di averla già vista da qualche parte e poi ti ricordi. Il font della testata è lo stesso adottato dagli inizi fino a fine anni ’80, e l’editoriale su ‘La via maestra’ si ricollega all’omonimo di quel primo numero del 12 febbraio 1924 scritto dal Fondatore, Antonio Gramsci. Lo leggi per cercare analogie e differenze, per vedere se lo spirito d’annata viene ricalcato, e ne esci soddisfatto.
Capisci subito che la lettura sarà breve e di 8 pagine ben scritte. Una cosa che da noi in Italia, eccezion fatta per ‘Il Foglio’ e sotto certi versi anche per ‘il manifesto’, il mercato della carta stampata non ha ancora capito: non ha senso tuffarsi in colonne di cronaca parlamentare, perché la gente è stufa di notizie solo dal Palazzo, come se i giornalisti fossero appollaiati in Transatlantico ad attendere la dichiarazione efficace della giornata, né generalista, perché ormai siamo nella situazione per cui, tra le notizie tv del mattino ed una scrollata allo smartphone, esci di casa, anche solo per andare alla tua edicola di fiducia, che le cose essenziali le sai già.
Attenzione: tutto questo non si traduce obbligatoriamente in una riduzione dell’organico. Prendiamo sempre ‘Il Foglio’, che in quattro pagine riesce a dare spazio a 25 articoli (con altrettanti giornalisti e/o collaboratori); la questione si tratta tutta di avere davanti a sé una pagina bianca provando a farci stare più firme possibili al meglio possibile graficamente parlando, magari iniziando a ridurre le gigantografie che non sono più il motivo che incentiva all’acquisto del prodotto cartaceo.
Quando la giornata accademica finisce, controlli che tutto ci sia. Prepari artisticamente la disposizione delle undici copie che hai racimolato per fare belle foto ed un post come si deve su facebook per il Circolo; poi ritiri tutto accuratamente tranne una copia che ti godi senza fretta mentre attendi il treno stridere coi freni, due piani sottoterra, davanti a te.
E sì: i quattro giornalisti ed il grafico di ventura hanno compreso che si può fare una cosa pregevole anche con un paio di fogli, poche immagini e molto testo però disposto bene, in modo tale da non far passare la voglia perché messo lì, in un punto scomodo della pagina. È una grafica a più colonne e più capolettera che riporta indietro agli anni ’80 e ’90, quando ‘l’Unità’ non era più il monolite combattivo di Pietro Ingrao prima e di Alfredo Reichlin più tardi, ma il giornale, da Emanuele Macaluso e Walter Veltroni, spettatore ed interprete di un assetto mondiale che scricchiolava e che sarebbe stato travolto per sempre. Percepisci la migliore atmosfera del Novecento, dell’età delle masse, che sa di mani, di lavoro, di piazza e di strada. Una cosa neo-vintage: la apri e ti senti catapultato in un varco, la richiudi e sei lì tipo: “Wuf! Che è successo!?”
Unica pecca: si sente la mancanza della tua vignetta che ormai ci delizia da 35 anni, quando proprio Macaluso direttore lo volle per portare un po’ di umorismo nel grigiore che aleggiava attorno al dirigente comunista medio.
All’ultima pagina una promessa, quel “Stiamo tornando. Aspettateci!” che non ti rassicura data la crisi dell’editoria tradizionale ma che almeno ti apre uno spiraglio, perché se l’asta non è partita vuol dire che non stiamo lasciando ‘l’Unità’ al suo destino. Ti sembra una sfida idealista, da ultimo giapponese, credere che un giornale schierato, vulcanico ed economicamente autosufficiente possa darsi in questi tempi ma non demordi. E pensi che la rifondazione degli Amici dell’Unità possa essere valore aggiunto per vivere la militanza (non solo come PD ma anche come sinistra in generale) e l’organizzazione delle Feste dell’Unità, facendo quadrato in quelle realtà dove da soli non si può mettere in moto una macchina.
Ci sono appunto molti modi su come rilanciare l’attività sul territorio e molte forme organizzative da sviluppare ed implementare: c’è solo l’imbarazzo della scelta, sempre se non vogliamo dichiarare onestamente che degeneriamo in un comitato elettorale che si presenta solo nel momento del bisogno di un voto. Su questo dovremmo scannarci fino a notte fonda per vedere come possiamo mettere in piedi nel nostro quotidiano ciò che può dipendere dal singolo militante, mica sulla data delle primarie e sui discorsi sconclusionati dell’ultima assemblea nazionale.
E chissà che, in tutto l’arcipelago Sinistra, ‘l’Unità’, nuova anzi antica, possa fungere una chiave insolita, inattuale ma interessante per ingranare con la rigenerazione. Chi ci sta ad un’operazione Araba Fenice?
Manuel Tugnolo
11 Comments
Non ho capito bene posso avere qualche ulteriore spiegazione?
Ciao Sergio e grazie
Buongiorno Marco, il mio contributo è una sorta di commento al numero straordinario de l’Unità che era uscito venerdì scorso. A rileggere bene effettivamente avrei potuto aggiungere qualche riferimento temporale, ma questo commento l’ho avuto in gestazione da venerdì pomeriggio a stamattina e l’ho dato un po’ per scontato.
A disposizione per ogni ulteriore chiarimento!
MT
Caro Sergio,
Il signor Tugnolo, mi sembra, abbia annunciato che il giornale l’unità è tornato in edicola, dopo la tua sostituzione come direttore; ma tu hai capito con quale linea politica o meglio con quale scopo e a chi è rivolto il giornale? Capisco che per te non deve essere piacevole tornare su questo argomento, ma penso che sia necessario aiutare tutti noi a capire perché è ‘morta” la tua “Unità” ed al suo posto nasce un nuovo giornale. Ti ringrazio per i chiarimenti che vorrai fornirci e ti saluto caramente Antonio De Matteo.
Buongiorno Antonio,
Premettendo che il numero di cui parlo è uscito in edizione straordinaria lo scorso venerdì 25 maggio per evitare che si applichi la decadenza della testata così come da art. 7 della l. 47/1948 (“L’efficacia della registrazione cessa qualora, entro sei mesi dalla data di essa, il periodico non sia stato pubblicato, ovvero si sia verificata nella pubblicazione una interruzione di oltre un anno”) (E approfitto di questo spazio per correggere il refuso del mio contributo, dal momento che faccio erroneamente riferimento all’art. 8),
Posso dire che la linea politica di questo numero non è allineata ad alcuna forza politica al momento esistente. Anzi si respira la voglia di essere un giornale di riferimento per tutta la sinistra, come già voleva Antonio Gramsci: “Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito”.
Non ho idea di come si voglia strutturare il rilancio, sempre se lo si vuole fare. Ma il menefreghismo assoluto ci sarebbe stato se fosse stata permessa la vendita all’asta; si apre quindi uno spiraglio di speranza.
Detto questo, buona giornata e viva la Repubblica! (Non il giornale che ha cannibalizzato l’Unità, ma la festa di oggi)
MT
P.S.: Nessun “signor Tugnolo”… Ho appena 21 anni!
Scusate, forse ero distratto, ma come e da chi avete saputo dell’uscita di numeri speciali dell’Unità?
Io non ho sentio e letto niente neanche su Democratica che leggo perché l’Unità non è più in edicola da tempo.
Fatemi, fateci sapere chi sa qualcosa in merito.
Grazie
Camillo
Buongiorno Camillo,
La prima fonte da cui ho saputo del numero straordinario è stato, due giorni prima della cosa, Huffington Post Italia (https://www.huffingtonpost.it/2018/05/23/lunita-torna-venerdi-in-edicola-in-edizione-straordinaria-per-evitare-la-decadenza-della-testata_a_23441862/).
Di novità non ne so molte. So solo che il caso peggiore (che potremmo definire di menefreghismo dell’intera sinistra davanti ad un suo fondamentale patrimonio) sarebbe stato l’effettiva vendita all’asta della testata per 300mila euro. Però non si è fatto: i maligni dicono perché la dirigenza aziendale vorrebbe poi venderla, mentre i benigni possono ancora sperare in un rilancio del giornale.
Come, quando, perché: potremmo discuterne tutta una notte. Le idee non mancano, sopratutto sul lato economico-organizzativo che nelle turbolenze del giornalismo odierno si fa cruciale.
L’unica cosa per il momento è stare ad aspettare oppure contattare la dirigenza aziendale.
Un caro saluto e buona festa della Repubblica!
MT
Caro Manuel,
ora che so la tua età posso dirti che potresti essere mio nipote (io ho quasi settant’anni); ma da come scrivi e da quello che scrivi sono convinto che sarai un gran signore in tutti sensi. Tantissimi auguri per il tuo futuro e speriamo che il nuovo giornale “l’unità“ possa sostituire il giornale “ la Repubblica” per le persone di sinistra e di buon senso. Anch’io come te dico: viva la Repubblica italiana e la sua festa! Un Caro saluto Antonio De Matteo
Vedo che Staino non risponde e un motivo ci sarà no?
Da come la racconta Manuel Tugnolo più che una possibilità di rilancio del giornale mi sembra solo una operazione di marketing per non svalutare il marchio.
Questo dibattito surreale su questo raid in edicola dell’Unità apre solo delle ferite che non si riescono a rimarginare.
In questa situazione politica a sinistra non c’è spazio per un giornale di partito, troppe divisioni, troppe divergenze, e l’Unità resterebbe imbrigliata e il suo Direttore e la sua Redazione sarebbero chiamati ad un lavoro impari e forse inutile se non dannoso.
In questa situazione trovo che un giornale buono per la sinistra già c’è ed è Repubblica dove trovi l’articolo Renziano, quello anti renziano; quello a favore all’accordo con i 5 stelle e quello contro, insomma un pò di tutto e l’incontrario di tutto. La sinistra di oggi, appunto.
Non rispondo perché in questo momento mi piace stare ad ascoltare. Spero di incontrare la proprietà della testata (sempre la solita) e sentire le intenzioni che hanno maturato. Al contrario di Ciro penso che Repubblica non possa assolutamente riempire il vuoto che si è creato nell’editoria con la mancanza de l’Unità. Un giornale generalista come Repubblica non può diventare uno strumento di costruzione identitaria di gruppi sociali democratici e innovativi sul territorio. Credo che in questo momento per informarsi correttamente sulla realtà italiana e soprattutto sul dibattito politico a sinistra non basti leggere un solo quotidiano. Io personalmente ne leggo costantemente quattro: La Stampa, Avvenire, il Dubbio e il Foglio, più ovviamente alcuni maître à penser di tutti gli altri. Non posso certo chiedere ad un giovane che abbia la voglia di capire come cambiare questo mondo di fare come me, occorrerebbe uno strumento più agile di corretta e veloce informazione da una parte e di studio e approfondimento dall’altra. L’Unità, appunto.
Caro Ciro, al contrario di te ritengo che Repubblica, della quale non rinnoverò l’abbonamento, sia stato per la sinistra un elemento al quanto destabilizzante ed ora finito il loro lavoro ed essere riusciti a distruggere Renzi e in parte il PD , i vari Giannini, Folli, Scalfari, Rampini ed anche Serra oltre ad altri hanno puntato la loro artiglieria contro la destra e non so se sono consapevoli di ciò che hanno prodotto. Spero di cuore che si ricominci a discutere sull’Unita con a capo Sergio e non cadiamo più nelle trappole di quei personaggi sopracitati. Quelli con la sinistra non hanno niente a che vedere sparano a secondo degli ordini dell’editore. Scusa ma su queste cose mi incazzo.
Marco bs
Caro Sergio,
sono perfettamente d’accordo con te: quella parte della società socialdemocratica, innovativa e riformista non è rappresentata da nessun giornale in Italia. L’unità doveva e deve rappresentare il mondo suddetto con Sergio Staino direttore . Speriamo che l’attuale proprietà lo capisca e magari insieme alla vecchia proprietà di “repubblica” faccia rifiorire e diventare grande il giornale l’unità. Grazie ancora al giovane Manuel ( spero che siano sempre di più i giovani come lui che si occuperanno di politica nel centro sinistra ) Che ci ha dato la possibilità di di dibattere sul tema del giornalismo italiano, molto importante soprattutto in questo momento. In Italia la stampa, Secondo me, è tutta orientata a destra o al massimo qualunquista con “Repubblica”. Io personalmente non compro più i giornali prima ne acquistavo tre ,corriere della sera, Repubblica e l’unità, ora sono tutti uguali e l’unità non c’è: guardate i titoli di testa,tutti uguali e sulla stessa linea politica. Faccio una considerazione personale: I giornali dovrebbero smetterla con gli slogan, gli scoop e le false notizie ed occuparsi seriamente dei problemi dei cittadini. Buona giornata a tutti Antonio De Matteo Milano