Alla televisione senegalese stanno trasmettendo un documentario senegalese che racconta la storia dell’isola di Gorèe, che è stata governata in momenti diversi da portoghesi, olandesi, inglesi e francesi, isola tristemente famosa anche come ‘l’isola degli schiavi’ e che ha rappresentato, per chi l’ha attraversata in catene fin dal lontano 1536, ‘la porta per l’inferno’ della schiavitù.
Si tratta di quell’isola davanti a Dakar, che, per oltre 300 anni, fino al 1848, anno dell’abolizione della schiavitù, è stata punto di partenza per milioni di uomini e donne africane, che venivano strappati dalla loro terra, ridotti in schiavitù che sarebbero stati deportati verso l’europa e sopratutto le americhe, a bordo di imbarcazioni portoghesi, spagnole e francesi, per lavorare nei campi di cotone, di canna da zucchero o di caffè in America del Sud e nelle isole dei Caraibi.
Dichiarata sito di grande interesse storico e patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1978, Gorèe mette in evidenza, a eterna memoria, lo scandalo più feroce che fece l’Europa all’Africa; ferita che l’Occidente fatica ad elaborare per poi caricarsi le sue responsabilità e le scuse.
Difatti nell’isola di Gorèe venivano raccolti, già fatti prigionieri e incatenati, gli uomini, le donne e i bambini catturati nell’entroterra senegalese di etnia prevalentemente mandi, cyrer e woloof.
Questi uomini, dalla statura particolarmente alta, erano pensati, dagli europei, utilissimi per i lavori pesanti da fare durante la colonizzazione delle Americhe, dato peraltro che gli indi originali eran gia stati sterminati e quindi mancava manodopera da usare a prezzi irrisori.
Noi italiani, grazie al fatto che non fummo protagonisti illustri dell’avventura colonialista e di quella dello schiavismo conseguente, ci sentiamo abbastanza estranei a tutta questa vicenda e quindi, credo, possiamo dare un giudizio meno conflittuale di quanto è successo e che, a mio avviso, per molti aspetti in Europa non è stato, tutt’ora, deltutto chiarito.
Di fondo, noi italiani possiamo, anzi, consierarci un paese a sua volta colonizzato da secoli, siamo stati terra di conquista e appetiti, e forse potremmo, se ne avessimo coscienza, avere una visione più giusta perchè un pochino meno colpevole .
Sottolineo ‘pochino’ perchè i nostri conti da pagare sull’esperienza di occupazione del Corno d’Africa mi risultano quasi deltutto rimossi, a giuduicare da come si invocano i respingimenti da parte di alcuni personaggi pubblici; peraltro, in merito a discriminazione e schiavismo, avremmo da pagare noi stessi il nostro tributo di vergogna dei tempi più recenti, considerando che, storia di pochi anni fa, abbiamo acconsentito e facilitato di catturare e deportare la nostra comunità ebraica resa improvvisamente colpevole di essere ebrea e di rinchiuderli nei campi di sterminio dove sarebbero morti di lavoro e successivamente distrutti fisicamente allo scopo di non lasciare alcuna traccia.
Ma una volta terminata l’occupazione nazista in europa, si è chiesto alla stessa Germania, nazione colpevole, che facesse una riflessione profonda e che rendesse i documenti, di ogni azione crudele ed empia fatta durante il periodo del nazismo, consultabili e pubblici.
Non è mai abbastanza, ma mi rendo conto che i campi di sterminio, ricostruiti in ogni singola parte, con trascritti i nomi di tutti gli assassinati e di coloro che ebbero la responsabilita di quello scempio sono comunque un aiuto prezioso per imparare ma anche per risarcire i torti fatti alla comunita ebraica che ha perso, nel giro di meno di venti anni, sei milioni di uomini, donne, bambini e anziani.
Una vicenda di cui sappiamo tutto grazie alla pignoleria dei militari nazisti nel trascrivere, catalogare, fotografare e che ci lascia una eredità pesante ed un monito dello sprofondo a cui può giungere l’umanità.
Purtoppo invece della vicenda della schiavitù africana abbiamo, a mio giudizio, tenuto un profilo molto piu basso, troppo: non esistono nemmeno dati univoci sul numero di schiavi passati effettivamente da questa porta. Si parla di un numero di diversi milioni. Di certo è impossibile pensare alla storia americana senza gli schiavi.
Certo: abbiamo meno documenti, non solo perchè la vicenda è teoricamente terminata un paio di secoli or sono, e molta documentazione è persa, ma anche perchè gli schiavisti avevano meno strumenti per archiviare e sopratutto meno interesse.
Non solo: la vicenda della schiavitù del popolo africano era interna alla rapina del territorio del continente stesso, e probabilmente vi era un conflitto di interessi a denunciare mentre si insisteva a rubare, comunque, materie prime in quei territori.
Quindi il lavoro di ricostruzione dei fatti è stato a carico, in gran parte, di quella popolazione lesa: un lavoro meticoloso e pieno di amore.
In effetti La “casa rosa” dove erano segregati è peraltro, ironia dei fatti, un esempio di architettura colonica di gran pregio, raffinata, piacevole, con un magnifico ingresso con doppio scalone sullo stile dell’architettura settecentesca che quasi richiama lo stile palladiano, dipinta di color cipria: allora sotto vi erano le stanze della reclusione, sopra uffici, e di fianco le abitazioni; ora al suo interno sono in mostra fotografie molto forti, ma anche le catene e i ceppi, i grani di vetro che servivano per l’acquisto di queste persone (pure questo ora dobbiamo sapere: questi uomini venivano comperati esattamente come veniva acquistato avorio, olio, ebano, pietre preziose, e pagati con perle di vetro, anche questo ci toccherà prima o poi accettare, ovvero prendere coscienza di quale punto di cinismo abbiamo toccato noi europei!).
Nel vedere quanto lavoro è stato fatto per ‘rimettere a posto la storia’ da parte degli africani, aumenta il mio senso di vergogna solo al pensiero che, dopo tutto quel che è successo, proprio i francesi alzino barriere, oggi, a fronte dell’arrivo dei profughi da zone di guerra, carestie, flagelli di epidemie, dal continente africano.
E noi in Italia intanto facciamo la ‘guerra tra sinistre’ senza renderci conto di quanto alta sia la posta.
No, secondo me non è tutto perdonato.
Valentina Falcioni
3 Comments
Straordinario questo scritto di Valentina! Il parallelo che lei fa tra l’isola di Gorèe e i campi di sterminio nazisti è forse l’aspetto più significativo e struggente in un racconto del quale tutti, europei e non, dovrebbero essere edotti e che a mio parere dovrebbe essere letto nelle scuole, di ogni ordine e grado. Purtroppo ai “bianchi” non piace ricordarsi, o vedersi ricordare, le tantissime , vergognose pagine di storia da loro scritte, dei crimini compiuti, ma esse sono lì, come atto di accusa incancellabile, a futura memoria. Lasciando da parte gli altri e restando a noi, credo che tanto più significative siano le parole di Valentina, specie quando richiama ciò che hanno fatto gli italiani “brava gente” nel Corno d’Africa, proprio oggi che taluni squallidi “personaggi” politici, senza alcun pudore, affermano che “il fascismo fece tante buone cose”. Orrore e repulsa verso coloro che continuano a negare le verità storiche e diffondono falsità!
Caro Sergio,
un altro capitolo della nostra storia di cui dobbiamo vergognarci. Ma tutta la storia dell’umanità (italiana, europea, mondiale) è una storia di soprusi e sopraffazioni (e non dico di più). Io penso che in merito all’atteggiamento della maggior parte delle persone nei confronti delle nuove emigrazioni dall’Africa, ma non solo, si debba puntualizzare una cosa. Non si respingono gli stranieri in quanto stranieri ma in quanto poveri, masse intere che cercano lavoro, casa, inserimento. Se questi “stranieri” fossero benestanti che volessero investire nel nostro paese, acquistare case, contribuire all’economia spendendo qui i loro soldi , insediarsi da noi con le loro ricche famiglie, allora sarebbero i benvenuti per la maggior parte di noi. Non so come si riuscirà a rispondere a questa domanda impellente di una vita migliore. Sono problemi di una tale portata che anche solo a discettarne qui fa sentire in colpa e inadeguati. O almeno questo è il mio sentimento.
Ti abbraccio
Grazia V.
Caro Sergio,
la testimonianza di Valentina è molto bella e le cose descritte sono terribili. Però invecchiando mi è venuto il vizio di andare a vedere anche l’altra faccia delle cose, e Valentina di sicuro sa che il lato oscuro di questa storia è che gli occidentali si, compravano gli schiavi e inducevano la loro cattura nei territori dell’interno, ma loro nemmeno scendevano dalle navi, perchè il lavoro sporco lo facevano gli stessi africani per loro conto. I popoli dell’Africa hanno praticato lo schiavismo in modo massivo, prima tra di loro, e poi ad uso dei clienti occidentali.
Questo per dire che dobbiamo sempre fare i conti con il lato oscuro dell’uomo, anche oggi, quando dinanzi alla questione dell’Africa che non decolla nello sviluppo continuiamo a dire che sono le conseguenze del colonialismo. Non è solo così: sono loro stessi che esprimono un governo corrotto dopo l’altro. Senza, intendimi bene, voler giustificare noi occidentali, ma solo per dire che risolvere i problemi vuol dire anzitutto capirli da tutti i lati.
Invece molto giusta la conclusione: se alle prossime elezioni vince la destra andranno meglio le cose per i migranti? Chi ha la puzza sotto il naso e critica come disumane le soluzioni di Minniti e Gentiloni, ci ha pensato? Non credo che gliene importi più che tanto.
Un caro saluto.
Gianfranco Iacobone