Cosa dire dei risultati elettorali in Umbria? Si tratta di una piccola Regione ma con una storia della sinistra che era l’orgoglio di chi, come me, l’ha frequentata non solo per motivi politici ma anche personali. Ho conosciuto bene tanti presidenti della Regione, tanti sindaci, tanti militanti. Capisco bene che si tratta di un mondo che non c’è più. La società è cambiata. Ma la domanda che si pone è: in questa società ci sono interessi economici, sociali, civili, valori e culture che possono essere espressi dalla sinistra?
Io non penso che bisognava fondare tutto sulla tradizione, senza negarla o cancellarla. Bisogna contare su ciò che è oggi la sinistra o, se volete, il centrosinistra. Cioè, se le forze politiche in campo sono in grado di esprimere e organizzare, dico organizzare, i ceti e i gruppi sociali che esprimono gli interessi e i valori di cui parlo. Il Pd ha questi caratteri in Umbria o in altre Regioni? Non penso.
I mutamenti politico-elettorali, che esprimono anche mutamenti culturali, erano già evidenti sul piano nazionale nel momento in cui nell’agosto scorso si aprì la crisi del governo giallo-verde. A quel punto le risposte che emersero furono due: fare le elezioni anticipate o rimediare un governo per impedire la vittoria delle destre di Salvini. Chi segue quel che scrivo in questo spazio sa che la mia opzione era a favore delle elezioni. Soprattutto perché avvertivo l’esigenza di muovere una grande battaglia politica ed elettorale, con al centro le sorti della democrazia, la sua qualità. Ed anche per il fatto che il Pd e tutte le forze del centrosinistra avevano bisogno di riallacciare un rapporto politico, elettorale ed umano, con il popolo chiamato a decidere. Si preferì l’altra strada, il governo Pd-M5S con Leu pensando che il tempo e l’opera del governo avrebbero logorato Salvini. Chi, in particolar modo, impugnò questa scelta come essenziale fu Matteo Renzi, il quale aveva già progettato la scissione, che poi è stata attuata. Una scissione che non solo ha indebolito il Pd ma ha screditato il fronte contro la destra e che Salvini, insieme agli altri, ha presentato come in preda a crisi politiche irresolubili. Le risposte che si attendevano dal governo e dal tempo, come si vede, non ci sono state.
Infine, vorrei fare un’ultima osservazione. L’accordo tra Pd e M5S in una prima fase, la più lunga e decisiva, è stato presentato come campagna elettorale “civica”, con un candidato imprenditore che dichiarava di non avere colore politico, con l’impegno comune di non mettere in campo bandiere di partito e politica. Né di mettere in Giunta esponenti politici. Tutto questo mentre Salvini e la sua Lega, Meloni e il suo partito parafascista, persino Forza Italia di Berlusconi, si presentavano con le loro bandiere, i loro simboli e si impegnavano personalmente e continuamente in campagna elettorale in tutti i paesi e luoghi, casa per casa, come faceva in passato la sinistra e non certamente i “civici”. La scena dell’ultimo giorno elettorale in cui si son fatti vedere Zingaretti, Di Maio, Speranza e Conte è stata la testimonianza più clamorosa della loro assenza.
Cari compagni e amici, non ci si può vergognare di essere se stessi e pretendere di essere votati grazie ad un altro volto, quello del candidato “civico”. Capiranno la lezione? Non lo so ma nutro forti dubbi.
Leave A Reply