Con molto dolore posto questo messaggio inviatomi dal compagno Gianni Naglieri di Bisceglie sulla sua scelta di lasciare il PD. Ho conosciuto Gianni questa estate quando sono stato ospite della rassegna letteraria Libri nel Borgo Antico. Mi ha fatto da Anfitrione per tre giorni e ho avuto modo di discutere con lui, vicesegretario del PD locale, in modo proficuo e costruttivo. La sua scelta attuale mi coglie totalmente di sorpresa. Leggetela e ditemi.
Naglieri, dopo la Festa dell’unità ad Imola: «Non mi tessero più al Pd»
Il vicesegretario cittadino del Partito Democratico molla: «Troppe cose non funzionano. Sarò all’opposizione, ma senza tessera»
Gianni Naglieri, vicesegretario del Partito Democratico di Bisceglie ed esponente del PD provinciale, ha sempre fatto scelte coraggiose, di rottura.
Alla riapertura dei tesseramenti e dopo l’intervento di Matteo Renzi ai Dialoghi di Trani, di scelta di rottura ha deciso di farne un’altra: «ho preso la mia decisione: non intendo rinnovare la tessera al PD» .
La decisione è maturata giusto al termine della festa nazionale dell’Unità di Imola, a cui ha preso parte per tastare il clima e rendersi conto: «quanto sia difficile se sei di sinistra o ti reputi tale, sentirsi del Partito democratico, visti gli incontri ed i dibattiti politici seguiti carenti tanto nei contenuti quanto nella partecipazione popolare».
«Il PD, unica vera grande organizzazione strutturata di centro sinistra – spiega Naglieri – in un periodo storico caratterizzato da governi nominati non si è fatto mancare assolutamente nulla, alternando leggi dal chiaro valore simbolico di sinistra come quella sul caporalato in agricoltura o quella sul “dopo di noi” (giusto per citarne alcune) ad altri atti politici quali il jobs act e la buona scuola che, in pochi mesi, sono riusciti a fare quello che il ventennio berlusconiano aveva solo teorizzato, ovvero, l’abolizione dell’articolo 18 e la precarizzazione del lavoro».
Ciò che però fa andare di giri Naglieri, non sono gli errori, plausibili, del governo. Per lui è più inaccettabile: «che le chiare ma fragili disposizioni dello statuto non vengano applicate ma derogate a seconda di chi lo interpreta. È accaduto a Bisceglie con l’iscrizione on line ed in massa di un area politica avversa da sempre al PD quanto a Trinitapoli, e così ancora altrove.
C’è, al pari di quel populismo che tanto additiamo ad esempio negativo, uno simile di casa nostra, più furbo perché non parla alle piazze ma all’Imprenditoria della politica, che si relaziona con i poteri forti territoriali, che utilizza la cosa pubblica come il frutto di un mestiere, che ragiona per obiettivi da raggiungere e che non tollera il confronto né la dialettica di opposizione, semplicemente per non cedere al proprio narcisistico modo di esistere».
La questione locale tormenta Naglieri, che non accetta il cambio di guardia imposto dall’ex sindaco Francesco Spina al termine di un tesseramento di massa organizzato a tavolino.
«Il PD è sempre stato lì all’opposizione – prosegue – mentre, il Sindaco e il suo fedele gruppo hanno progressivamente virato il colore di appartenenza fino a sovrapporlo a quello di chi lo contestava. È superfluo narrare una storia conosciuta ai più, soffermarsi su quei dettagli che hanno generato una faida interna tra falchi e colombe, sulle paradossali dichiarazioni ed endorsement di Michele Emiliano prima e di Marco Lacarra dopo, sulle invasioni di campo di chi vive la Politica con eserciti di elettori vincolati da cosa? Da quali interessi? Da quali legami?
Mentre questi interrogativi rimangono insoluti, il PD a Bisceglie diventa 2.0, con un dato di tesseramento sproporzionato tra il numero dei neo militanti e gli aventi diritto al voto, anomalo perché più del doppio rispetto a Barletta e triplo a quello di Andria.
Rimangono i fatti che contano poco politicamente, se non vengono opportunamente discussi in tali ambiti, omicidi, spaccio di droga, concorsi e appalti.
Si è glissato su tutto ciò che non interessa, ovviamente, al nuovo militante del PD, attratto, viceversa, dalla burocrazia interna e dalla volontaria partecipazione agli organi direttivi cittadini e provinciali».
In questa situazione: «È difficile sentirsi del Partito Democratico se la tessera non è la sintesi di un punto di arrivo, di conoscenza della militanza attiva, quindi, dei potenziali crediti accumulati per capacità, spirito di partecipazione e di intraprendenza, ma, la si scopre, invece, fattore muscolare di partenza, aggredibile ed acquisibile da chiunque abbia 15,00 euro da utilizzare per una buona causa personale. Ora più tessere hai, più potrai controllare gli organi decisionali, quelli direttivi, utili alla definizione dei percorsi personali o di rete.
Queste cose sono in controtendenza con la narrazione di un centro-sinistra moderno, lasciano intravedere una profonda tendenza, dentro il Pd, a inseguire gli obbiettivi di alcuni a scapito dell’ideologia di base, dell’idea di essere pari agli altri, perdendo così le proprie battaglie sociali e culturali e subendo l’egemonia di fare scelte coraggiose e in controtendenza.
In tutto questo, mi chiedo quali titoli avranno i miei amici e i conoscenti con cui amo parlare di politica quando mi diranno che alle prossime elezioni non potrò non votare Pd se non voglio mandare avanti le destre e i populismi. Perché se non si fosse ancora capito, e qui invito al buon senso, non è imitando quelle forze che si ottengono consensi. Si dà credibilità, semmai, alla loro proposta politica. E quindi l’elettore, tra una brutta copia e l’originale, sceglie sempre quest’ultimo. Mentre il proprio elettorato non riconoscendo più la casa madre (retrocessa, appunto, a orrida imitazione) andrà altrove. Per queste motivazioni…non intendo rinnovare la tessera al PD. La mia opposizione sarà senza tessera di partito, più libera, guardando alla società civile».
3 Comments
Ecco: Gianni Naglieri, che io non conosco, è uno dei destinatari principali del mio appello, appena pubblicato sotto il titolo “Populisti”.
Ovviamente non posso dire neanche mezza parola sui problemi locali che segnala e denuncia: ci mancherebbe!
Vorrei però solo dirgli che, se fosse già tutto perfetto, non ci sarebbe bisogno della politica, dei partiti, dei militanti, dei dirigenti, e così via.
Conduca la sua battaglia per migliorare le cose: vive in una terra che ha tanti problemi ma anche tante buone prospettive.
Il Governo, che ha fatto le cose giuste che anche egli riconosce, non era fatto da marziani, ma da gente che ci ha provato e continua a provarci. Non era e non è un Governo schizofrenico, è fatto da persone che hanno un progetto: non sarà perfetto, sarà migliorabile, ma, se non glielo diciamo noi, chi glielo dice di provare a correggerlo, Salvini? O D’Alema? Non credo.
Quando mai la politica è stata priva di asprezze, sciocchezze, anche schifezze?
A me basta che il PD esista e faccia cose mediamente buone: quelle meno buone (ognuno valuta le sue – per me il Job Act è sacrosanto, per esempio) sono oggetto di possibile miglioramento, purché contribuiscano allo sviluppo di una società nel complesso più equa. Chiunque altro farebbe molto, molto peggio.
Cosa devo dirti, amico mio: coraggio, resta con noi. Sicuramente il Partito ha bisogno della tua intelligenza.
Non è scegliere il meno peggio, è scegliere il possibile.
Ernesto Trotta
Morale: il problema è a livello locale. Finché non prenderemo il toro per le corna nel nostro metro quadrato non possiamo pretendere il miracolo dall’alto!
Dove si conferma che quanto detto da Napolitano sul livello dell’attuale classe politica è sacrosanto! Uno dei motivi, se non il principale, che aveva determinato il mio allontanamento dal partito e dall’impegno politico è da ricondurre proprio a questo aspetto, l’avere cioè constatato l’emergere (e l’affermarsi) di una pletora di personaggi di mediocre livello, impegnati in politica solo allo scopo di ricavarne un qualche interesse personale. E assistere alla “compiacente” accondiscendenza dei così detti “dirigenti”, ai quali interessava solo potersi circondare di tanti ossequianti ed obbedienti “peones”. Mi sono iscritto nuovamente, neppure subito, con l’arrivo di Renzi che mi era parsa persona idonea a portare nel partito quel cambiamento, anche generazionale del quadro dirigente, da me più volte auspicato e che ritenevo non più rinviabile. Ma i “vecchi” dirigenti (che hanno almeno 10 anni meno di me!) non avevano alcuna intenzione di “mollare l’osso” e hanno cominciato a fargli la guerra, che continua tutt’ora, anche da fuorusciti. Ho sempre creduto che l’unica possibilità che abbiamo, noi italiani, di cambiare il “sistema” è combattendolo dal suo interno, come mi è parso volesse fare Renzi, che però ha dovuto constatare quanto sia difficile e quante e quali resistenze quel “sistema” sia in grado di attuare. Nel contempo non ho mai creduto alle tanto strombazzate “rivoluzioni”, come quella che a suo tempo diceva di voler attuare la Lega, e adesso il M5s, ritenendo che siano solo fumo negli occhi dei “creduloni” e che in realtà rappresentino una modalità, come la Lega ha poi dimostrato nei fatti, non per modificare o scalzare “il potere”, bensì per ritagliarsi uno spazio all’interno dello stesso e potersi accaparrare un pezzo della torta! Poiché siamo coscienti che il quadro dirigente del nostro Partito, sia a livello locale che centrale, è in qualche caso inadeguato, vediamo di modificarlo noi, proponendo e sostenendo persone con i giusti requisiti. Ce ne sono in grande quantità, ma per avvicinarli alla Politica bisognerà far capire loro che non dovranno entrare in organismi “per fare numero”, bensì per portare avanti progetti seri e costruttivi e che potranno sempre contare sul nostro sostegno ed aiuto. Stavolta dovremo davvero “fare squadra”, perché solo così saremo FORZA vera!