Per i tanti che probabilmente se lo sono perso, invio il link al discorso di Cuperlo alla conferenza programmatica di Napoli.
E’ un intervento per me meraviglioso, un contributo utilissimo a chi come me spera ancora in un riscatto della politica di sinistra. Ascoltatelo e fatelo ascoltare ai vostri figli, per favore.
Un grande abbraccio
Sergio
E’ un intervento per me meraviglioso, un contributo utilissimo a chi come me spera ancora in un riscatto della politica di sinistra. Ascoltatelo e fatelo ascoltare ai vostri figli, per favore.
Un grande abbraccio
Sergio
9 Comments
Concordo. Un discorso di grande profondità, che deve essere messo in pratica e diventare ispirazione di buona politica. Ma sarà un lungo lavoro. Intanto dobbiamo governare, o almeno provarci. Siamo condannati al governo. Cuperlo deve essersi studiato bene le encicliche di Papa Francesco.
Commento arrivato via mail:
L’ho ascoltato Sergio, nel concreto non sono riuscito a trovarci nulla che non fosse scontato. C’è l’idea che i compagni o se vogliamo gli amici possono essere solo quelli che già si sono conosciuti e quelli che eventualmente si perdono sono gli unici che poteva valere la pena perderci tempo. Tutto ragionevole ma forse un modo parziale di osservare la società che ci circonda. Gli amici, i compagni, possono essere anche quelli che non abbiamo mai conosciuto, che non gli abbiamo mai dato un opportunità, perché non li abbiamo mai visti, perché troppo impegnati a voler correre incontro a coloro che avevano più interesse ad andarsene per conto proprio.
Se vogliamo trovare strade utili per dare risposte concrete alla nostra società, egoisticamente le troviamo, solo con chi ha un buon motivo per percorrerle assieme a noi.
Non perdo tempo con chi ha lasciato il Partito, né perderò in abbondanza con chi non ha mai avuto un opportunità concreta per iscriversi o ci ha provato ma è stato emarginato abbastanza da non poter godere dei diritti di iscritto che invece avrebbe dovuto vantare.
Un caro abbraccio
Piergiacomi Ermanno
E come non essere d’accordo con Gianni? Accorato, ispirato, perfino commovente.
Il problema, anzi i problemi, però restano.
Noi siamo sempre bravissimi a disegnare splendidi programmi di sinistra, ed è senz’altro necessario sforzarsi per delineare scenari migliori, più giusti, più liberi e più egualitari.
D’altronde, che razza di partito di sinistra saremmo se non lo facessimo?
Il problema è che NON BASTA.
Non basta perché 15 milioni di voti non li prendiamo così: così restiamo una forza, magari grande, ma minoritaria, perché l’Italia NON è un paese di sinistra, non lo è mai stato. Ci è chiaro una volta per tutte?
Allora il problema, detto papale papale, non è fare un programma di sinistra, ma un programma che possa raccogliere 15 milioni di voti, e che contenga quanta più sinistra POSSIBILE.
E’ questa la sfida, ed è molto più difficile.
Di un bel programma di sinistra, ma perdente, non so che farmene, né io né soprattutto quelli che quel programma vorrebbe proteggere, difendere, emancipare, e che si troverebbero governati dalla destra o dal nulla del M5S.
Non è cinismo, è politica.
Allora, chapeau a Gianni per la sua ispirazione, ma attenzione a non cadere dentro all’idealismo.
Secondo problema:
Gianni conosce bene i nostri potenziali interlocutori a sinistra (elenco i principali, per pronto riferimento: D’Alema, Bersani, Speranza, Fassina, Gotor, D’Attorre, Rossi, Errani, Fava, Civati, Fratoianni, Scotto, Vendola, una squadra di calcio con relativa panchina).
Ritiene davvero che costoro accetterebbero di sedersi ad un qualsiasi tavolo comune col PD, senza pretendere di essere loro a dare le carte? Le legge le dichiarazioni che rilasciano?
Ce li vede a preparare una campagna elettorale unitaria col PD?
Cosa chiederebbero in cambio?
Che bisogna provarci è chiaro, ma il raziocinio ci dice che lo spazio è solo virtuale e che i risultati di un lungo braccio di ferro sarebbero devastanti in termini di credibilità verso i famosi 15 milioni di elettori.
Allora, le porte aperte, spalancate, il PD deve tenerle per quegli elettori, tanti o pochi che essi siano, che vorrebbero un programma più radicale: non dobbiamo avere paura ad andargli incontro con proposte concrete, a fargli capire e dimostrargli che noi li rappresentiamo di più e meglio di quella squadra di calcio bizzosa, astiosa ed inconcludente (e sono giudizi politici, non insulti!).
Qui non si tratta di puntiglio, di orgoglio, di egemonia, si tratta di trovare il modo migliore per vincere le elezioni per il bene di tutti.
Chi lo capisce è bene accetto, chi vuole dettare condizioni, no grazie.
Mi sembra che tu tiri un po’ troppo la corda sul rapporto di Gianni e i fuoriusciti dell’MDP. La condanna del loro atteggiamento nei confronti del PD è netta, lui chiede un incontro sia sui valori sia sulle scelte dettate da una carente strategia. A mio avviso MDP non ha né gli uni né le altre e l’appello diventa disperato ma va fatto, a bout de souffle. E’ la nostra storia che ce lo richiede e su questo Renzi deve stare più attento.
Concordo senz’altro.
Nella formazione-tipo ho dimenticato Montanari, Falcone, Bonsanti, Zagrebelsky, Carlassare e tutta Libertà & Giustizia, associazione alla quale peraltro ho aderito per quasi dieci anni, fino a tre anni fa, prima della loro irrefrenabile deriva fondamentalista.
Caro Sergio.
Ti ringrazio d’avermi inviato il video con l’intervento di Cuperlo. Si, è un buon discorso, nello stile pacato e da (passami il termine) “vogliamoci bene” tipico di Gianni. Però, … c’è un però! Vedi, caro Sergio, da coloro che fanno politica, soprattutto a certi livelli, io mi aspetto coerenza, quella coerenza che, mi spiace dirlo, Cuperlo non ha avuto! La dimostrazione più eclatante l’ha data in occasione del referendum, se ricordi. Fu lui a trattare con i renziani, per conto di Bersani che l’aveva posta come conditio sine qua non, la modifica della legge elettorale detta “Italicum”, ottenendone l’impegno ad apportare le modifiche richieste dopo il voto. Bersani, con ciò confermando che il “No” era già sancito, per i fini che ben conosciamo, tirò fuori la scusa che “non si fidava”, di fatto lanciando un altro strale avvelenato contro Renzi. Come ho ripetutamente sostenuto, sono convinto che la sconfitta nel referendum sia da ascrivere a quella sinistra perché è ormai acclarato, lo sanno tutti, che la parte più moderata della destra ha votato SI! In quella circostanza da Cuperlo non ho sentito una sola parola di critica a Bersani e ai suoi, né tantomeno pretendere da loro una qualche motivazione seria a giustificare una decisione che lo aveva esposto, in quanto loro rappresentante, ad una figura a dir poco peregrina. Dirò di più. Successivamente scrisse un articolo, da te pubblicato su l’Unità, che anche tu, in qualche misura, confutasti pubblicando la mia mail di aspra critica nei suoi confronti, mail che riporto qui sotto. Insomma, delle due l’una: o Cuperlo, dopo avere a più riprese e pesantemente criticato Renzi, anche a ragione, fa lo stesso, almeno in egual misura, con i fuorusciti, oppure per me non è credibile.
Non volermene, ma resto di quell’idea.
Un abbraccio.
Silvano
“Caro Sergio.
Ho letto gli “estratti” della relazione di Cuperlo pubblicati su l’Unità di oggi. Seppure accorato, il suo invito a Renzi mi suona “stonato”, perché un conto sarebbe parlare di sconfitta se alla prova referendaria il partito si fosse presentato unito e compatto, in un clima da “tre moschettieri” per intenderci, mentre sappiamo bene che invece le cose sono andate molto diversamente. La guerra contro Renzi è stata scatenata non appena lui, vinte le primarie, ha manifestato l’intenzione di “svecchiare” il quadro dirigente del partito e i nostri “gerontocrati”, con i loro vassalli, vassallini e vassalliferi hanno immediatamente impugnato le armi. La “vera” campagna per il No l’hanno fatta la minoranza Pd, la Cgil, l’Arci e l’Anpi, assieme a tutti i fuorusciti del Pd e all’estrema sinistra. Sono fermo nel mio convincimento che la causa prima della sconfitta sia da ricercare qui. Quindi dire, come fa Cuperlo, che “dobbiamo prendere atto della sconfitta” e trarne le conclusioni, con ciò di fatto chiedendo le dimissioni di Renzi e la convocazione del congresso, lo considero solo una manifestazione di disonestà intellettuale! Ma anche la sua volontà di trovare una strada per “riunire” le varie anime della sinistra la considero illusoria oltre che irrealizzabile. Mi basta, e avanza, l’esperienza de “l’Unione” e dello sciagurato esito che ebbe. Mi ero illuso che il ragionamento fosse diverso e sensato quando, nell’incipit, aveva evocato la necessità di arrivare ad una “nuova sinistra”. Pensavo, sbagliando, che avesse raccolto la calda esortazione che fa Veltroni nella sua, sempre intelligente, analisi odierna. Ma nel prosieguo non fa altro che riproporci idee e formule che si rifanno alla “vecchia” sinistra. Personalmente avevo creduto che il “nuovo” fosse rappresentato da Renzi e che nel partito “i vecchi” dovessero aiutarlo nell’opera di rinnovamento, nella consapevolezza che quella fosse l’unica strada percorribile, pur prendendo atto che questo avrebbe significato per loro essere gradualmente emarginati dai ruoli più significativi. Invece, lui e gli altri hanno fatto di tutto per soffocare il neonato nella culla! Dire, come fa Cuperlo, che “la responsabilità di una scissione ricadrebbe sul leader e sul gruppo dirigente”, oltre che una palese falsità, lo considero un indecente tentativo di legittimare l’inqualificabile comportamento suo e della minoranza del partito! Per questo, per la loro incredibile presunzione che li porta, citando il compagno Davolio, a “ritenersi i dottori mentre sono la malattia”, ritengo sia impossibile trovare fra noi un punto d’incontro e quindi non riesco a vedere possibilità alcuna di convivere nello stesso partito.”
Concordo con le osservazioni di Trotta, eppure trovo affascinanti le incitazioni di Cuperlo ad una unione impossibile e fors’anche impraticabile, ma da farsi e che anche Renzi, mi pare, prova a fare.
Ci vogliono i pensieri “alti” come quelli di Cuperlo, che diano indirizzi di grande respiro ad un partito che a mio avviso dovrebbe coniugare teoria e pratica, astrattezza e concretezza, anzi praticare persino una sana “filosofia del pensiero astratto”.
Poi serve recuperare i milioni di delusi e scontenti della politica del Pd, quelli che non gli va il jobs act, i bonus a chi piglio piglio, le pensioni allontanate, la buona scuola che ha alienato le simpatie di una categoria tradizionalmente di sinistra, e così via senza che qualche buona legge come le unioni civili riesca a riscattare le contestate.
Qui in Sicilia domenica si vota, ma nella coalizione del Pd si è avuto paura di nominare la questione mafia o la corruzione o l’ambiente maltrattato da incendi e discariche e cemento, che direttamente ne consegue. Di questi temi si è appropriata la Sinistra-che-non-è-Pd, i nostri hanno glissato discettando di Ponte sullo stretto, che è pura astrazione ma dalla realtà.
Voglio dire grazie a Cuperlo per il suo “accorato e ispirato” pensiero, perché anche di questo abbiamo gran bisogno.
Dopo aver letto i vari interventi, sono andato a risentire l’intervento di Cuperlo per cercare di capire meglio le ragioni delle varie opinioni. Devo confessare che quel discorso mi ha commosso ancora di più del primo, forse frettoloso, ascolto. Ovviamente è giusto che ognuno lo legga seguendo le sue inclinazioni e le sue passioni, anche se tutti ne riconoscono l’emozionante profondità. Ho scelto di intervenire in merito perché non vi ho riscontrato, con piacere, alcun accenno al luogo comune di “Italia, paese di destra”. Non me ne voglia il compagno/amico Trotta: non ho mai sopportato quell’assunto, di sapore per di più dalemiano. Mi sa più di un alibi per una sinistra incapace di vincere che non un dato di fatto. Se c’è (ma non c’è) uno stato di destra per la sua storia, per la sua struttura sociale e per la sua articolazione istituzionale quella è la Gran Bretagna, l’Union Kingdom. Ma anche lì la sinistra ha saputo vincere senza cedere in nulla sui suoi valori e sulle sue finalità profonde. I fabiani, Attlee, Wilson e poi Blair sono stati capaci di riformare in senso democratico quel grande stato, in alcuni lunghi periodi della storia dominante nel mondo. E allora? Allora si tratta di trovare il giusto “percorso”. Sono tra i pochi, purtroppo, che ricordano i dibattiti tra La Malfa e Amendola e poi con Ingrao, dibattiti incentrati sul percorso giusto per vincere in questa nostra Italia, ben lontani tutti dalla convinzione che occorressero compromessi con la destra ma bensì che fosse la sinistra incapace di rispondere alle esigenze di un paese che, al contrario, avrebbe un gran bisogno di una sinistra di governo. Cuperlo mi pare abbia riproposto quel tema, esternando il suo dolore per aver dovuto assistere alla rottura, sia pure parziale, di un esperimento volto in quella direzione. Se una gran parte del mondo giovanile guarda in direzioni diverse dalla nostra, se rinascono i mai sopiti egoismi regionali, se una parte del mondo del lavoro viene attratta dal paternalismo dimenticando la dignità del lavoro, se viene meno l’umanità dell’accoglienza verso popolazioni disperate, se trionfa lo spaccio delle peggiori volgarità, di chi la colpa? E’ nostra. Siamo stai incapaci di superare vecchi schemi di fronte a nuovi orizzonti, delle cui scansioni temporali Cuperlo ha fornito l’esatta cronologia. Renzi, pur bravissimo con le sue intuizioni e i suoi errori, non può da solo risolvere il problema, se manca il supporto dell’intera comunità. Forse la mia formazione culturale “repubblicana” mi condiziona, ma davvero non vedo altra via oltre la ridefinizione dei nostri contenuti ideali, che pure Cuperlo indica.
Caro Faggioni,
dire che l’Italia non è un paese di sinistra non è lo stesso che dire che è un Paese di destra.
Non è un calembour, è solo che in larga parte d’Italia c’è molta diffidenza verso la sinistra (e noi l’abbiamo alimentata con le nostre beghe infinite).
A fronte di una minoranza, consistente ma sempre minoranza, di persone convinte, c’è una gran massa che ci guarda con interesse ma con sospetto e poca convinzione. Dobbiamo capirli: spesso abbiamo dato esempi non proprio edificanti!
Allora, il nostro compito è quello di riguadagnare quella fiducia: e non facendo accordi innaturali con la destra (abbiamo già dato, grazie!), ma ottenendo credito in quella consistente massa di persone che non sta né di qua né di là, e che potrebbe essere un bacino enorme per una seria politica riformista, purché concreta, non ideologizzata e quindi a suo modo moderata.
Citi La Malfa e non potresti citare esempio migliore: in tanti lo stimavano ma poi non lo votavano, perché dava l’impressione di essere ininfluente.
Ecco, noi dobbiamo convincere l’elettorato di essere influenti, di essere capaci di fare sul serio, di andare fino in fondo al progetto di rinnovamento.
D’altronde i 14 milioni di SI al referendum hanno detto proprio quello: ci hanno creduto capaci di toccare in modo credibile quello che nessuno aveva mai toccato prima, se non per compiere scempi alla Berlusconi/Calderoli.
Non tradiamoli. Non abbiamo paura di essere un po’ più larghi della nostra usuale sinistra. Il Paese ne ha bisogno.