Primo Piano
Progressivi spostamenti del piacere e della politica. L’agonia dei 5 stelle sarà lenta e faticosa. Ormai sono in confusione. Dopo dieci anni, hanno scoperto che la politica si fa con i partiti, e allora si apprestano a diventare un partito.
Prima, però, hanno il problema di come liberarsi di Dibba. Venti giorni fa lo avevano invocato come il salvatore, il solo capace di dare una sferzata di autenticità a un Movimento un po’ troppo perso nei corridoi ministeriali.
Dibba è arrivato con il suo zainetto, spettinato al punto giusto, con le battute pronte, e quell’aria da perenne guerrigliero. Agli abruzzesi, però, non è piaciuto per niente. Loro lavorano, sono pieni di problemi, e questo marziano giramondo a spese di non si sa chi, mai lavorato un giorno, è stato subito sulle scatole.
Anche i sensori della Casaleggio lo hanno rilevato. Dibba sarà anche l’autentico Movimento, ma ha già stufato. Meglio che vada in giro per il mondo. In Patagonia, magari, dove nemmeno prendono i cellulari.
Rimane allora Di Maio, che cerca di trasformare il Movimento in un partito. A colpi di sciabola. Tutte quelle fatte sino a ieri erano solo cretinate. Ad esempio, non è vero che “uno vale uno”, cioè chiunque può fare qualunque cosa. Adesso per andare in lista e essere eletti bisognerà poter esibire almeno una laurea e un discreto curriculum. Dalle prime simulazioni, risulterebbe che Di Maio sarebbe immediatamente bocciato. Idem per il resto del governo: non uno verrebbe rimesso in lista.
Naturalmente, si tratta, ancora una volta di una scemenza. Il pugliese Giuseppe Di Vittorio, che è stato forse il miglior sindacalista italiano e una figura mitica del mondo operaio, ha imparato a leggere e scrivere da solo, non credo sia arrivato nemmeno in quinta elementare.
In tempi più recenti un’altra sindacalista pugliese, Teresa Bellanova, di non grandi studi, ma di un’energia quasi infinita, da sola ha risolto almeno un centinaio di vertenze aziendali, salvando alcune migliaia di posti di lavoro.
La laurea, cioè, non c’entra nulla: conta solo il saper fare le cose, avere esperienza, avere testa, come è da sempre in politica.
Ma alla Casaleggio, insisto, non sanno nemmeno che cosa sia la politica. E quindi, stufi di esibire gente come Barbara Lezzi e Laura Castelli, adesso le vogliono laureate, forse anche in tacco 12 e minigonna. Bambinate.
L’importante, comunque, è che “uno vale uno”, una delle più colossali cretinate della storia politica mondiale, se ne va in pensione: rimane sulla piazza invece il suo inventore, e cioè quel Beppe Grillo, che ha fatto più danni alla democrazia italiana di Attila.
L’altra novità di Di Maio è che cercherà di mettere insieme una specie di comitato centrale per guidare il Movimento. Controvento, come sempre: i comitati centrali non li vuole più nessuno. Servono dei leader. Ma leader veri, che sappiano le cose, non che confondono il Cile con il Venezuela.
Insomma, dopo aver predicato per anni che loro erano diversi, adesso vogliono diventare uguali, e quindi vanno a copiare il peggio.
Purtroppo, per loro, queste capriole non li salveranno dal declino. Finiranno per sparire non perché non hanno la laurea, ma perché non sanno niente, pensano solo ai voti, e non hanno mai saputo come si amministra un paese.
Come sono venuti, se ne andranno. Nessuno li rimpiangerà.
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